Governo rovescia il tavolo dell’Europa. Conte sposa la linea dura

Il ministro Matteo Salvini (D) con il presidente del Consiglio dei Ministri  Giuseppe Conte, in aula del Senato
Il ministro Matteo Salvini (D) con il presidente del Consiglio dei Ministri  Giuseppe Conte, in aula del Senato. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Ci saranno conseguenze. Da ora in avanti l’Italia non farà più sconti all’Europa. Il premier Giuseppe Conte tira fuori gli artigli e rovescia il tavolo di Bruxelles che ha lasciato l’Italia – denuncia – sola ad affrontare l’emergenza migranti. E nello specifico il caso Diciotti. Una reazione forte, molto più di quelle riservate ad altre crisi sul fronte migratorio.

E che risveglia i timori anche del Quirinale che comunque – pur restando alla finestra – a riserbo aggiunge riserbo. Anche perché, è il ragionamento che viene fatto notare da fonti parlamentari, la politica estera è di competenza del Governo. Resta, certo, la preoccupazione del Colle per l’acutizzarsi dello scontro con gli alleati europei, ma anche la convinzione che il Presidente della Repubblica non possa mettere all’ordine del giorno della sua agenda interventi continui per risolvere emergenze di questo tipo.

Se poi si aggiunge l’aut aut – con tanto di sfida aperta – di Salvini che ha chiesto esplicitamente al capo dello Stato di tirarsi fuori dalla vicenda (“Se vogliono intervenire per lo sbarco il Presidente della Repubblica o il Presidente del Consiglio lo facciano ma non con il mio consenso”, aveva detto solo l’altro ieri), margini di manovra non se ne vedono proprio.

Quanto al governo, la presa di posizione di Giuseppe Conte appare quasi obbligata dal cul de sac in cui i due vicepremier hanno condotto palazzo Chigi. Da un lato la scelta di Salvini di non cedere sulla questione Diciotti e dall’altro quella di Di Maio che ha rilanciato minacciando l’Europa di tagliare il contributo italiano al bilancio. Un fronte compatto che i due vicepremier erano sicuri potesse sortire gli effetti già ottenuti in occasione della precedente emergenza sorta sempre sulla nave della Guardia costiera.

C’è chi, tra i componenti dello stesso governo, assicura che una risposta così negativa da parte degli sherpa europei non fosse stata neppure messa in conto da palazzo Chigi: “credo si aspettassero tutti una maggiore apertura”. Ma ora il dado è tratto e il governo non può che andare avanti sulla strada di quella che lo stesso vicepremier 5 Stelle chiama “riparazione”: i 20 miliardi di contributo italiano che il “capo politico” M5s non vuole pagare e che per il ministro degli esteri Enzo Moavero sono invece intoccabili.

“Vedremo di pagare l’Europa un po’ di meno” è il compromesso che trova Salvini che plaude invece al sostegno ricevuto dal premier e dall’altro vicepremier nei confronti di una “Europa che non vuole capire”. La maggioranza giallo-verde dà quindi mostra di compattezza anche se la portata di questa crisi che travalica i confini nazionali ad alcuni suona come il campanello di allarme di un tentativo di strappo da parte del leader della Lega nei confronti dello stesso governo.

Un modo per avere mani libere alla vigilia di un autunno che si prefigura molto caldo e con il rischio di una tempesta finanziaria che, come hanno avvertito esponenti di spicco del Carroccio, potrebbe minare comunque la tenuta del governo. Un’ipotesi, quella delle sirene leghiste di una crisi di Governo, che potrebbe anche essere tra i motivi della riservatezza del Quirinale che non vuole essere considerato parte in causa di una eventuale rottura istituzionale.

Non la pensa però così il Pd che chiede a gran voce l’intervento di Mattarella contro “la scelta disumana del governo”. Mentre Martina salta direttamente alle conseguenze e accusa: “Siamo in presenza di un Governo che sembra quasi auspicare” una tempesta dei mercati e che “mette le mani avanti dimostrando in questo modo di non avere gli strumenti per affrontare le conseguenze” delle sue azioni. Questa – ha aggiunto da Ravenna – è benzina sul fuoco. Si devono rendere conto che così facendo stanno contribuendo a generare un clima di preoccupazione intorno all’Italia”. Meglio allora che “se ne vada a casa”.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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