Crollo ponte, Autostrade a febbraio 2018: “Non è sicuro”

Lo stato della parte ovest di ponte Morandi a Genova.
Lo stato della parte ovest di ponte Morandi a Genova. ANSA/LUCA ZENNARO

GENOVA. – Almeno dal 28 febbraio scorso il Ministero delle Infrastrutture, il Provveditorato alle opere pubbliche di Genova e la Direzione manutenzioni della società Autostrade sapevano che il ponte Morandi aveva problemi di sicurezza. Lo dimostra una lettera – scoperta dall’Espresso – con cui il direttore delle manutenzioni di Autostrade, Michele Donferri Mitelli, sollecitava la Direzione generale per la vigilanza del Mit e il Provveditorato ad approvare in fretta il progetto esecutivo di rinforzo del ponte. E questo, si legge nella missiva, per garantire “l’incremento di sicurezza necessario sul viadotto Polcevera”.

Il documento in questione, precisa una nota di Autostrade, non era “una ‘lettera d’allarme’ che metteva in guardia sulla ‘non sicurezza’ del viadotto”, ma solo una “comunicazione ordinaria” con cui si sollecitava l’approvazione del progetto di miglioramento del ponte.

La lettera fa parte della gran mole di documenti sequestrata dalla procura di Genova che indaga sulla tragedia del 14 agosto, costata la vita a 43 persone: la Guardia di Finanza ha prelevato atti al Mit, in particolare proprio alla Direzione generale per la vigilanza, alla Spea Engineering (la società del gruppo Atlantia che per Autostrade cura tra l’altro il servizio di sorveglianza e manutenzione delle infrastrutture) e al Provveditorato delle opere pubbliche di Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta.

Nelle sedi di Roma, Milano, Genova e Firenze le Fiamme Gialle hanno acquisito documenti, verbali di riunioni e tutto ciò che riguarda in particolare l’iter autorizzativo del progetto di ‘retrofitting’ del ponte Morandi per capire se ci sono state negligenze e omissioni da parte dei vari soggetti: Autostrade da un lato, e le strutture di vigilanza e controllo, cioè ministero e provveditorato, dall’altro.

Gli inquirenti vogliono capire chi sapeva dello stato di ammaloramento del ponte, cosa è stato fatto e cosa no e perché, eventualmente, non si è provveduto con misure anche temporanee per tutelare da rischi. E in questo contesto la lettera del direttore manutenzione di Autostrade, spuntata adesso, svela una realtà inedita: finora, infatti, come sottolinea L’Espresso, si sapeva che gli uffici coinvolti fossero al corrente soltanto del degrado della struttura, a cominciare dai tiranti consumati dalla corrosione del venti per cento, “ma nessun documento dimostrava che ingegneri e funzionari fossero consapevoli del pericolo, che ogni giorno e ogni notte decine di migliaia di automobilisti e camionisti stavano correndo”. Al punto da ritenere “necessario – come si legge nella lettera – l’incremento di sicurezza” del ponte.

Non si sa, scrive L’Espresso, chi abbia ricevuto personalmente la lettera (la seconda di cinque scritte al ministero tra il 6 febbraio e il 13 aprile 2018), poiché come destinatario è indicato soltanto l’ufficio. È noto che la Direzione generale del Mit per la vigilanza sulle concessionarie autostradali è diretta da Vincenzo Cinelli, nominato il 14 agosto 2017 su proposta del ministro Graziano Delrio e confermato dall’attuale ministro Danilo Toninelli, che a proposito dei sequestri ha detto di essere “felice che si faccia chiarezza su quanto successo in passato”.

Mentre il capo del Provveditorato di Genova è l’architetto Roberto Ferrazza, scelto dallo stesso Toninelli come presidente della commissione d’inchiesta del ministero e poi sostituito per “motivi di opportunità”. Tra le carte acquisite pure la relazione che negli anni ’80 lo stesso ingegnere Riccardo Morandi stilò per Autostrade in cui aveva sottolineato corrosioni più sul lato mare che su quello monti. Una degradazione, scriveva Morandi, “più rapida di quello che ci si potesse aspettare”.

La procura, intanto, ha individuato il luogo dove verranno custoditi i reperti del crollo che serviranno per chiarire le cause del cedimento. I vari pezzi catalogati verranno conservati in un deposito Amiu vicino al luogo del disastro. “Verranno sistemati in un hangar – ha detto il procuratore capo Francesco Cozzi – quasi come è stato fatto per Ustica”.

Cozzi nel pomeriggio è andato con il procuratore generale Valeria Fazio a vedere i resti del ponte. “Sono commosso perché, al di là della nostra professionalità e freddezza, è impressionante vedere lo stato dei luoghi anche adesso e capire cosa è avvenuto”.

Si viaggia spediti anche verso la ripresa delle attività per cui non c’è un problema di incolumità: la ferrovia, per esempio, potrà essere riattivata dopo la rimozione dei detriti. Un piccolo passo verso un lento ritorno alla normalità.

(di Laura Nicastro/ANSA)

Lascia un commento