A Tripoli scatta la tregua, centinaia di migranti in fuga

Una lunga fila di migranti per salire su un autobus nel deserto.
Onu: "Stupri di gruppo, torture, omicidi"

ROMA. – Dopo nove giorni di combattimenti a Tripoli, almeno sessanta morti tra cui donne e bambini e oltre 160 feriti, le milizie libiche hanno raggiunto un accordo per deporre le armi. Una tregua – che ora bisognerà capire quanto solida – raggiunta al tavolo convocato dall’Onu intorno al quale si sono seduti tutti i gruppi armati coinvolti nel conflitto. L’intesa è stata accolta con sollievo dall’Italia, che tramite il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha ribadito ancora una volta il suo sostegno all’esecutivo del premier Faez Al Serraj.

In un vertice convocato ad hoc dal premier Giuseppe Conte con il vicepremier Matteo Salvini, con lo stesso Moavero Milanesi e con la ministra della Difesa Elisabetta Trenta si è discusso soprattutto del dossier immigrazione, strettamente legato alla situazione libica. Cresce infatti, nei palazzi della politica, il timore di un possibile incremento delle partenze dei barconi dei trafficanti, favoriti dall’instabilità sull’altra sponda del Mediterraneo. L’ultima notizia è che, approfittando del caos, quasi 2.000 migranti africani sarebbero fuggiti da un centro di detenzione vicino all’aeroporto di Tripoli.

A Palazzo Chigi si sono limati anche i dettagli sulla conferenza sulla Libia in programma a novembre, probabilmente in Sicilia, con la quale l’Italia punta a confermare il suo ruolo di mediazione nel Paese. Moavero continua a tessere la sua tela con una serie di contatti telefonici, ultimo in ordine di tempo quello con lo stesso Serraj, proprio nel giorno in cui pare essersi sbloccata la situazione nella capitale.

Prima ancora di discutere di elezioni – ha anticipato il ministro – il tema prioritario dell’appuntamento di novembre “sarà la sicurezza, pre-condizione per lo svolgimento del voto”. Un tema su cui Italia e Francia hanno finora registrato una distanza, con l’Eliseo che ha continuato a insistere perché i libici vadano alle urne entro dicembre. Da Parigi, però, è arrivata stasera una nota conciliante del ministero degli Esteri, che dopo le critiche contro la Francia mosse in primis dal vicepremier Matteo Salvini ha voluto gettare acqua sul fuoco: “Non siamo contro contro l’Italia e sosteniamo l’iniziativa di organizzare una nuova conferenza”.

Ma Salvini ha insistito con le accuse più o meno velate: “Gli interessi economici di altri non devono prevalere sul bene comune che è la pace”, ha attaccato il ministro degli Interni, che si è detto “disponibile a correre qualche rischio” pur di tornare presto in Libia. Anche se per il momento è saltato il colloquio in programma al Viminale con il vicepresidente del consiglio presidenziale della Libia, Ahmed Maitig.

Alla posizione critica nei confronti di Parigi si è associato anche il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio, secondo il quale se la Libia è in queste condizioni è perché “chi è più ostile di noi in quella regione sta causando non pochi danni”.

Sul terreno, il cessate il fuoco a Tripoli è arrivato alla fine di una nuova giornata di scontri. Le milizie hanno sparato soprattutto lungo la via dell’aeroporto, a circa 17 chilometri in linea d’aria dal centro di Tripoli. Sono stati sparati anche razzi. Dopo quello che qualche giorno fa ha sfiorato l’ambasciata italiana, stavolta è toccato all’edificio dell’ambasciata statunitense – inutilizzato dal 2014 – essere lambito da un incendio, divampato per un colpo di mortaio che ha centrato un serbatoio di carburante vicino al muro di cinta della sede diplomatica.

(di Salvatore Lussu/ANSA)

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