Scuola, Save the Children: “Non tutti a mensa, il 50% resta fuori”

Una mensa scolastica: bambini con posate in mano di fronte ai piatti. Menù
Una mensa scolastica in una immagine di archivio ANSA

ROMA. – La metà degli alunni (il 49%) delle scuole primarie e secondarie di primo grado in Italia non ha accesso alla mensa scolastica. L’erogazione del servizio è molto disomogenea sul territorio e le modalità di accesso o di esenzione “spesso contribuiscono a aumentare le disuguaglianze, a scapito delle famiglie più svantaggiate”.

È la fotografia scattata dal nuovo rapporto “(Non) Tutti a Mensa 2018”, di Save the Children, in occasione dell’inizio del nuovo anno scolastico. L’organizzazione, inoltre, bolla come “un altro fattore di discriminazione la scelta di 11 comuni monitorati di prevedere la sospensione del servizio per i figli di genitori che non hanno pagato la retta della refezione scolastica regolarmente”.

La ricerca evidenzia come, “ad un anno dall’ultimo monitoraggio, sono ancora molte le scuole che non assicurano ai bambini e alle loro famiglie di usufruire della mensa scolastica che, non solo rappresenta un sostegno all’inclusione e all’educazione alimentare, ma è uno strumento fondamentale per il contrasto della povertà e della dispersione scolastica. In un contesto come quello dell’Italia nel quale si registrano oltre 1 milione e 200 mila bambini e ragazzi, il 12,1% del totale (più di 1 su 10), in povertà assoluta e 2 milioni e 156 mila in povertà relativa, la refezione scolastica dovrebbe garantire a tutti i minori almeno un pasto proteico al giorno, aiutando le tante famiglie in difficoltà, in particolare quel 3,9% dei bambini che ancora oggi non consuma un pasto proteico al giorno”.

Rispetto allo scorso anno, il quadro che emerge sottolinea alcuni “peggioramenti”: in 9 regioni italiane (una in più rispetto al 2017), oltre il 50% degli alunni non ha la possibilità di accedere al servizio mensa; e la forbice tra Nord e Sud si distanzia sempre più. Sono infatti sei le regioni insulari e del Meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (81,05%), Molise (80,29%), Puglia (74,11%), Campania (66,64%), Calabria (63,78%), Abruzzo (60,81%) e Sardegna (51,96%).

Nei comuni esaminati, poi, “le tariffe massime variano dai 2,5 euro (Perugia) ai 7,2 euro (Ravenna), le tariffe minime passano da 0,30 euro (Palermo) a 6 euro (Rimini) – spiega Save the Children -. Il risultato di queste differenze è che una famiglia con un figlio in disagio economico (Isee 5.000 euro), sarebbe esentata dal pagamento solo in 10 comuni, mentre tra i restanti comuni le tariffe applicate variano da 0,35 euro a pasto di Salerno ai 6 euro di Rimini”.

(di Paola Lo Mele/ANSA)

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