Veti incrociati su manovra e nomine, Conte non molla

I vicepremier Luigi Di Maio (S) e Matteo Salvini (D) durante le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte (C) nell'Aula della Camera in vista del consiglio europeo
I vicepremier Luigi Di Maio (S) e Matteo Salvini (D) durante le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte (C) nell'Aula della Camera in vista del consiglio europeo. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Un tappeto di veti incrociati, avvertimenti più o meno evidenti e rassicurazioni di stampo elettorale precede il vertice sulla manovra convocato nel tardo pomeriggio a Palazzo Chigi. E’ un vertice che, preannunciato come decisivo, deve fare i conti con i “desiderata” di Luigi Di Maio e Matteo Salvini e con tensioni che intersecano temi ben differenti da quelli dei conti pubblici, come le nomine Rai e Consob o la questione del Ponte Morandi.

Dossier, quest’ultimo, sul quale anche il premier Giuseppe Conte alza la posta con i due contraenti del governo in vista del vertice che terrà con il governatore Giovanni Toti e il sindaco di Genova Marco Bucci. A Palazzo Chigi, si riuniscono attorno allo stesso tavolo Conte, Di Maio, Salvini, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’Economia Giovanni Tria e anche il ministro degli Affari Ue Paolo Savona, vero e proprio contraltare del titolare del Mef sulla linea economica da tenere.

Il clima è incupito dall’incontro tra Salvini e Silvio Berlusconi. Una riunione che irrita non poco i parlamentari M5S, preoccupati dal tipo di garanzie che, secondo i resoconti dell’incontro di Arcore, Salvini avrebbe dato sulle tv al leader azzurro. Non a caso, prima del vertice sulla manovra, Di Maio riunisce i suoi in un consiglio quasi di guerra: i vertici M5S preparano uno schema per parare le mosse dell’alleato e rilanciare sui cavalli di battaglia del Movimento. Cavalli di battaglia sui quali, alle Regionali e alle Europee, Di Maio si gioca la faccia.

Alle tensioni tra M5S e Lega va poi aggiunta un’altra partita, non meno spigolosa, quella tra i due alleati e l’ala moderata del governo, rappresentata da Tria e dal ministro degli Esteri Enzo Moavero. Un’ala alla quale, negli ultimi giorni, si è avvicinato anche lo stesso premier. Il compromesso, tra M5S-Lega e Tesoro, potrebbe essere quello di avviare a metà anno il reddito di cittadinanza e mettere in campo, per la platea ristretta degli autonomi, la flat tax. Il tutto senza superare l’1,6% di deficit/Pil. Ma la coperta è corta. E M5S e Lega tentano di tirarla ciascuno dalla propria parte.

Ad esempio, Di Maio replica alle perplessità del Carroccio sottolineando come, le pensioni di cittadinanza – che il M5S vuol far partire da gennaio 2019 – siano previste nel contratto. E, con le Olimpiadi invernali sempre più in bilico, l’idea del Movimento sarebbe quella di usare il tesoretto che il governo avrebbe messo a disposizione per i Giochi (circa 600milioni) per allargare le maglie della manovra.

Ma i veti incrociati, al momento, investono anche il successore di Mario Nava a capo della Consob. Una nomina, questa, sulla quale l’attenzione del Colle è altissima e sulla quale il M5S punta con decisione, con l’Antitrust che potrebbe finire in quota Lega. Mentre Conte proverà a sciogliere il nodo del commissario per la ricostruzione di Genova. Anche se, in questo caso, il principale tema divisivo riguarda il coinvolgimento o meno di Autostrade nel nuovo ponte: un tema che registra la chiusura totale del M5S laddove la Lega è più possibilista.

Con il premier sempre più deciso a far valere il suo ruolo nella scelta come commissario di una personalità di alto profilo tecnico-istituzionale e non politica come vorrebbero invece i due vicepremier. E in serata, quasi a corollario delle difficoltà dei pentastellati, Beppe Grillo pubblica sul suo blog un estratto della Lettera VII di Platone. “E’ difficile restare onesti nella politica”, è il titolo del post con cui Grillo sembra quasi dare una pacca sulla spalla al “giovane” Di Maio.

(di Michele Esposito/ANSA)

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