M5S e Lega in pressing su deficit, andare oltre il 2%

Luigi Di Maio e Matteo Salvini si parlano dai banchi del governo.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini si parlano dai banchi del governo. (ANSA)

ROMA. – Per mantenere le promesse si può aumentare un po’ il deficit. E se le proposte sono credibili si può arrivare anche oltre il 2%. A un mese dal varo della legge di Bilancio si fa sempre più insistente il pressing di Movimento 5 Stelle e Lega sul ‘guardiano dei conti’, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, per ottenere tutte le risorse necessarie ad avviare, ma in modo ‘incisivo’, i tre capisaldi del contratto di governo: flat tax, riforma della legge Fornero sulle pensioni e reddito di cittadinanza.

Dopo l’affondo su Tria, mal digerito a via XX Settembre, a tirare il freno è lo stesso vicepremier, Luigi Di Maio. Che conferma la “piena fiducia” nel titolare del Tesoro e anche “nel gioco di squadra” all’interno del governo per portare a casa più risultati possibili. Senza fare “nessuna manovra distruttiva dei conti” Di Maio chiede però di fare presto e di guardare all’interesse “dei cittadini” non certo a spread e mercati.

Un concetto peraltro, sposato in pubblico spesso anche da Matteo Salvini. Se serve andare oltre l’1,6%, un livello di deficit che potrebbe non scontentare Bruxelles, bisognerà farlo anche perché, sottolinea Laura Castelli, al Mef per conto del Movimento, fissare il deficit a quel livello “vorrebbe dire non fare quasi niente”.

In effetti i margini ricavati in questo modo, circa 12 miliardi, basterebbero a malapena a sterilizzare gli aumenti dell’Iva previsti dalle clausole di salvaguardia e tutto il resto andrebbe fatto cercando coperture dai tagli di spesa. Spostare l’asticella al 2% libererebbe, ad esempio, altri 7 miliardi che potrebbero raddoppiare se si arrivasse ancora più su, al 2,3-2.4%.

L’1,6%, avverte comunque il sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti, si può sforare, arrivando anche a superare “il 2%” solo “con proposte serie” non “con provvedimenti di tipo demagogico per acquisire consenso”. Servono, insomma, “misure serie e credibili perché i mercati sono attenti ai decimali ma soprattutto alle proposte di politica economica di un governo, perché il Paese possa crescere”.

Anche il premier, Giuseppe Conte, sente la necessità di mandare un messaggio tranquillizzante, spiegando che certo, non ci si deve “impiccare ai decimali” ma assicurando allo stesso tempo che la prima manovra ‘gialloverde’ sarà “seria”, biglietto da visita di un Paese “credibile rispetto ai mercati”.

In mattinata, prima di andare a Salisburgo per il vertice europeo, il presidente del Consiglio ha incontrato i capigruppo dei 5 Stelle, “in significativa apprensione”, come ha detto Francesco D’Uva smentendo però l’esistenza di un documento contro Tria, per l’andamento del dibattito sulla manovra. I due sono usciti rassicurati sulla misura bandiera del Movimento.

Non solo il reddito di cittadinanza arriverà con la manovra, ma dovrà essere, una misura di “forte impatto sociale” per “alleviare” la condizione di chi vive in povertà assoluta, ha chiarito Conte che nei prossimi giorni dovrebbe incontrare i capigruppo di tutti i partiti.

Nel frattempo oltre al braccio di ferro sul deficit, tra la maggioranza e il Mef, è in corso anche un altra disputa, questa volta interna alla maggioranza, sulla pace fiscale. Per la Lega, come ha confermato sempre Giorgetti, il limite per mettersi a posto con il fisco dovrebbe essere almeno “su base pluriennale” quella di 1 milione di euro. Ma si tratta di una soglia considerata troppo alta dal Movimento, che non può permettersi di votare un ‘condono’ e sta chiedendo di abbassare, se non dimezzare l’entità del debito che si può sanare.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)