Terminologia grammaticale e aggiornamento didattico (III)

Lettere sciolte.
Lettere sciolte.

Abbiamo parlato, di volta in volta, di morfologia e sintassi, di fonetica e fonologia, di semantica, senza mai esplicitare, e giustificare, quegli accenni di novità che il discorso, in maniera originale, comportava; e senza neppure citare gli Autori a cui se ne potesse attribuire la paternità; e che, per primi, ne hanno sistemato le teorie. D’altra parte il nostro approccio, per quanto abbia basi scientifiche, doveva mantenere l’iniziale finalità divulgativa, quella di informare – e formare – la platea dei lettori che hanno avuto fino ad oggi la pazienza di seguirci. Quella che si chiama educazione linguistica.

Mentre per le persone eventualmente animate, invece, da interesse culturale di tipo professionale, non mancheranno le occasioni di imbattersi in nomi come Saussure, Jakobson, Sapir, Chomsky, Tesnière, eccetera, eccetera.

Ma l’aver nominato questi quattro Autori potrà costituire, tuttavia, uno spunto e l’occasione dell’avvio di una ricerca da parte di chi, attento a questa materia, volesse approfondire in maniera autonoma lo studio della scienza linguistica.

E, allora, riprendiamo il filo delle nostre divagazioni.

Abbiamo già avuto l’occasione di definire l’area interdisciplinare tra morfologia e sintassi: la morfosintassi. Così, se consideriamo una stringa di parole, un enunciato, un messaggio testuale, completo e riconoscibile senza incertezze, e analizziamo singolarmente le singole parole della sequela, questo possiamo dire di primo acchito: che ogni parola, esaminata lungo l’asse paradigmatico – come si dice –, è frutto di una scelta esclusiva (per esclusione), che, tra una serie di parole (paradigma) formalmente possibili, e si distingue in opposizione a tutte le altre possibili, esistenti nella lingua. Se poi la stessa parola la si esamina lungo l’asse sintagmatico (concordanze e dipendenze), si nota che quella scelta, di cui si diceva, è dettata dal legame che quella parola ha con l’una o l’altra (scelta per accoppiamento), che la precede oppure la segue nella stringa.

Ciò che rende riconoscibile il testo come espressione della lingua è quella che si chiama “competenza linguistica”, che, secondo gli Autori non è altro che la capacità del parlante di muoversi simultaneamente lungo l’asse paradigmatico (verticale) e quello sintagmatico (orizzontale).  Naturalmente, questa capacità, per quanto ci assicuri che la struttura sia, formalmente, un’espressione linguistica, non ci garantisce ancora, però, sulla piena comprensione del senso della frase. Per fare ciò, ci assiste la semantica, con una funzione che si definisce “pertinenza linguistica”.

Altro non è la pertinenza linguistica, se non la capacità di scelta delle parole, le quali per il loro significato si adattino e si rendano compatibili (per senso) all’interno del messaggio.

Per meglio comprendere quanto detto, dobbiamo spiegare il significato delle definizioni di “area semantica” e “sfera lessicale”.

L’area semantica è – se la immaginiamo, ipoteticamente, come una superficie – è tutta la zona di significato che può essere ricoperta da una parola.

La sfera lessicale, invece, è l’insieme di tutte le parole che, per il loro significato, si riferiscono alla medesima area semantica.

Luigi Casale

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