Archeologia: olio di duemila anni fa in depositi Mann

Alberto Angela durante la presentazione di "Una Notta a Pompei", mostra la bottiglia di olio
Alberto Angela durante la presentazione di "Una Notta a Pompei", Napoli, 21 Settembre 2018. ANSA/CESARE ABBATE

NAPOLI. – La immaginiamo su una tavola di Ercolano nel’agosto del 79 d.C., il giorno dell’eruzione. Una bottiglia di vetro quasi piena di olio d’oliva, nei secoli solidificatosi, è stata ‘riscoperta’ da Alberto Angela negli sterminati depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, nel corso di riprese televisive per la Rai effettuate qualche mese fa.

Oggi l’eccezionale reperto è oggetto di approfonditi studi, possibili per la prima volta perché, a differenza di altri ritrovamenti avvenuti anche nella zona vesuviana, non si tratta di avere a disposizione tracce o residui di olio nel fondo di un’anfora ma di un importante quantitativo di liquido (‘biancastro, solidificato e inclinato’), quello che per gli esperti, dopo le prime analisi, è sicuramente una sostanza grassa e non quindi vino come si era pensato in un primo momento.

E’ questa la sorpresa che Alberto Angela ha voluto annunciare al termine della conferenza stampa di lancio della sua ultima fatica ‘Stanotte a Pompei’ (in onda domani in prime time su Rai1), proprio nelle sale del MANN dedicate alle meraviglie di Ercolano. “Una trasmissione televisiva che incentiva la ricerca oltre a fare divulgazione” ha notato il direttore del MANN Paolo Giulierini che ha attivato una collaborazione con il dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli nell’ambito di una convenzione quinquennale per lo studio di questo tipo di reperti.

Straordinario è osservare come la bottiglia di vetro contenente l’olio d’oliva sia identica a quella raffigurata nell’affresco dai Praedia di Giulia Felice che Alberto Angela stava riprendendo nei depositi del Museo, “una specie di grotta delle meraviglie”, li definisce.

Il popolare divulgatore ha raccontato la sua esperienza mostrando sia l’opera che la bottiglia. “Avevamo appena filmato questo bellissimo affresco e mi sono fermato per fare una foto con il cellulare quando ho notato una cassetta antica”. E in quella cassetta borbonica proveniente da scavi dell’epoca, inventariata nei depositi dal 1820, era custodita la bottiglia oggi oggetto di studi.

Dopo una risonanza magnetica nucleare e ulteriori analisi si passerà infatti al campionamento del reperto con un carotaggio da effettuare grazie ad un capillare di vetro per raggiungere la parte interna della bottiglia. “Finora è stato analizzato solo il materiale più superficiale e quindi più esposto all’ossigeno – spiega Raffaele Sacchi che con Gaetano di Pasquale è al lavoro con il team della Federico II – si tratta di un olio molto degradato e ossidato nel tempo, ma, per la mia conoscenza, potrebbe essere questo l’olio più antico da studiare, almeno in Italia”.

Lascia un commento