L’accusatrice di Kavanaugh: “Rideva mentre mi aggrediva”

Christine Blasey Ford giura prima delle dichiarazioni in Senato.
Christine Blasey Ford giura prima delle dichiarazioni in Senato. EPA/MICHAEL REYNOLDS

WASHINGTON.- “E’ stato lui, ne sono sicura al 100%. Credevo che mi violentasse, mi tappò la bocca per impedirmi di gridare, per me era difficile respirare e pensai che Brett mi potesse uccidere per sbaglio. Lui e Mark erano ubriachi e ridevano, sembravano divertirsi”.

Quasi in lacrime, con la voce rotta dal dolore del ricordo, Christine Blasey Ford, 51 anni, docente universitaria di psicologia, rievoca il momento culminante di un’aggressione sessuale che sostiene di aver subito ai tempi del liceo da parte di Brett Kavanaugh, il giudice nominato da Donald Trump alla Corte suprema, ora accusato da altre due donne (altrettante sono anonime).

Lo fa durante una lunga, drammatica audizione davanti alla commissione giustizia del Senato, in una diretta che tiene l’America incollata alla tv come non succedeva da tempo, mentre in aula e fuori la sostengono le attiviste del movimento #Metoo, in marcia anche su Capitol Hill. Un movimento che per la prima volta potrebbe decidere anche le sorti di un nominato alla Corte suprema dopo aver travolto produttori di Hollywood, attori, top manager, anchorman.

A confermare o meno Kavanaugh sarà il Senato, ma a giudicare a questo punto sarà l’intero Paese, alla vigilia delle cruciali elezioni di Midterm, dove il voto femminile potrebbe fare la differenza. Senatori ed elettori dovranno decidere se credere alla professoressa o al giudice, che in uno storico duello a distanza nega ogni addebito: “Bevevo birra, a volte troppo, ma non ho mai aggredito sessualmente né questa né altre donne”, afferma nelle dichiarazioni di apertura della sua testimonianza scritta.

La Ford, anche se emotiva, nella sua deposizione resta coerente, sia nelle motivazioni che nella sincerità con cui ammette i blackout di memoria. “Sono qui oggi non perché volevo esserci. Sono terrorizzata. Sono qui perché credo sia mio dovere civico dirvi la verità”, esordisce. “Sono stata accusata di agire per motivi politici di parte, ma sono una persona fortemente indipendente e non sono una pedina di nessuno”, assicura, respingendo così indirettamente i sospetti di far parte di una campagna dei democratici, come denunciano Trump e molti repubblicani.

“Non ho tutte le risposte. Non ricordo come vorrei. Ma i dettagli di quella notte che mi hanno portato qui oggi non li dimenticherò mai. Si sono impressi nella mia memoria e mi hanno perseguitato episodicamente quando sono diventata adulta”, racconta. “Quell’aggressione ha alterato drasticamente la mia vita”, prosegue, confessando di provare “attacchi di panico e ansia” quando ci ripensa.

Le ultime due settimane, aggiunge, sono state “le più dure della mia vita” per aver dovuto “rivivere il mio trauma di fronte al mondo”, per aver “visto la mia vita fatta a pezzi dalla gente in tv, sui media”. E aver subito minacce che l’hanno costretta a trasferirsi con la sua famiglia e a vivere sotto scorta.

Durante l’audizione i senatori democratici l’hanno sostenuta e ringraziata in tutti i modi, mentre i repubblicani – tutti uomini – hanno delegato l’interrogatorio a Rachel Mitchell, un procuratore donna di fede repubblicana ma con una lunga esperienza in crimini sessuali, in modo da non esporsi a critiche.

Il magistrato ha provato ad incalzare senza aggressività l’accusatrice su alcuni dettagli mancanti o punti apparentemente contradditori, come la sua paura di volare, ma non è sembrato aver scalfito la sicurezza della sua ricostruzione, né è riuscito a farla cadere in contraddizione.

Trump ha seguito la testimonianza prima a bordo dell’Air Force One e poi alla Casa Bianca, ma non ha commentato. Ieri si era detto “pronto a cambiare idea” sulla base delle deposizioni ma aveva difeso Kavanaugh, messo in dubbio le accuse e ammonito sui rischi del movimento #Metoo. Ora tuttavia, per lui e per i repubblicani, la strada si fa in salita.

(di Claudio Salvalaggio e Anna Lisa Rapanà/ANSA)