DEF e Bilancio: il primo ostacolo del Governo Conte

Da sinistra a destra: il Ministro del Lavoro, Luigi di Maio; il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Giovanni Tria, Ministro dell'Economia e delle Finanze. Bce
Da sinistra a destra: il Ministro del Lavoro, Luigi di Maio; il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Giovanni Tria, Ministro dell'Economia e delle Finanze. FOTO ANSA

Mentre in queste ore all’interno di Palazzo Chigi il Governo Conte sta discutendo della manovra finanziaria annuale per le proiezioni economiche a breve e a lungo termine, in Europa c’è chi è già preoccupato per ciò che l’Italia si appresterà a presentare al Parlamento nei prossimi giorni. Infatti, oltre ai classici attacchi di Macron sull’immigrazione mentre respinge i cosiddetti profughi sia a Ventimiglia che per mare, i mercati hanno mostrato una leggera flessione negativa, accompagnata da alcuni commenti di economisti di indubbia fama relativi all’incertezza della solidità economica e finanziaria italiana.

Il nostro Governo sulla questione economica non è mai stato molto chiaro. Ricordiamo le varie proiezioni fantasiose presenti nel contratto di governo o le coperture fallaci di alcuni progetti a lungo termine. Ma si sa: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, tanto per usare un’espressione popolare, comune ma comunque veritiera.

Ma il tempo dei proclami, legittimi durante la campagna elettorale, è terminato. E’ arrivato il momento di fare sul serio, soprattutto in un periodo dove l’Unione Europea, l’opinione pubblica e l’opposizione tengono il fiato sul collo al Governo Conte. Al primo errore, partirà la caccia alle streghe e rappresenterà un motivo per tacciare i populismi di incompetenza.

Infatti, con il DEF è giunto il momento di discutere, proporre e varare il primo “step” della Legge di Bilancio. E a quanto pare, all’interno del Consiglio dei Ministri, questa manovra risulterà di difficile discussione poiché è presente un grande problema che divide alcuni interpreti della maggioranza di governo: lo sforamento del deficit.

Innanzitutto cos’è questo “Def”?

Il Def, acronimo di Documento di programmazione economica e finanziaria è un documento, emanato da un soggetto avente personalità giuridica e chiamato “emanatore” (il Governo), all’interno del quale sono presenti tutte le politiche economiche e finanziare decise dal soggetto emanatore. In sostanza, il DEF è un documento che permette di conoscere al Parlamento, in anticipo, le mosse del Governo in materia economica e finanziaria. Al 27 settembre, è fissata l’emanazione della cosiddetta “Nota di aggiornamento del Def” che dovrebbe contenere delle modifiche sostanziali rispetto ai parametri “imposti” dall’Unione Europea.

La nota di aggiornamento del Def, rappresenta il primo passo verso il “ciclo di bilancio”, al quale fa seguito la presentazione da parte dell’esecutivo del disegno di Legge di Bilancio che poi dovrà essere approvato, con eventuali modifiche da parte del Parlamento entro il 15 Ottobre, giorno in cui dovrà essere necessariamente presentato sulla scrivania di Bruxelles per la discussione.

Per non creare confusione c’è da sottolineare che legge di bilancio (o bilancio pubblico) e legge di stabilità sono due documenti diversi. Dal 2016 inoltre, la seconda è confluita nella prima, modificando contenuti e scadenze. Il documento unico, ai sensi dell’articolo 81 Cost. è redatto dal Governo e ha l’obiettivo di comunicare le spese pubbliche e le entrate previste per l’anno successivo in base alle leggi vigenti. A differenza della legge di stabilità, quella di bilancio non può imporre nuovi tributi e nuove spese. Ogni norma che introduca nuove spese deve essere accompagnata obbligatoriamente dalla rispettiva copertura finanziaria. Il Presidente della Repubblica, in base a quanto detto, può rifiutare le leggi prive di copertura finanziaria.

L’importanza di questa manovra, nella discussione e nei contenuti, supera di gran lunga tutte le leggi che possono essere emanate nell’arco dell’anno. Per quanto riguarda l’opposizione e i suoi seguaci, che ho ribattezzato “gli incontentabili”, credo sinceramente che sia ridicolo spostare l’attenzione e le preferenze verso altri temi, in un momento così delicato come questo che richiede molta pazienza e molta attenzione. Sicuramente i problemi dell’Italia sono tanti e richiedono una soluzione, ma criticare l’operato del Governo per partito preso non credo sia una scelta giusta.

Dopo questa piccola, immancabile, parentesi critica, sarebbe opportuno analizzare il contenuto del DEF che in queste ore è al centro della discussione politica italiana, la reazione dei mercati e dei vertici dell’Unione Europea che ad Ottobre dovrebbe ricevere il bilancio e discuterlo.

I contenuti previsti da questa manovra finanziaria sono tanti e soprattutto molto controversi.

Partiamo dalle famose aliquote Irpef: secondo la bozza governativa riportata da alcune testate giornalistiche il livello delle aliquote verrà ridotto in modo graduale fino ad arrivare ad un’unica aliquota del 23% per i redditi fino a 75mila euro e del 33% sopra a tale livello entro la fine della legislatura. La flat tax “a scaglioni“, quindi, potrebbe generare dei risultati totalmente diversi, (positivi, soprattutto per le imprese), rispetto al primo progetto presentato alle elezioni (flat tax unica al 15%). La riduzione delle aliquote verrà sperimentata nelle imprese; le famiglie potranno beneficiarne, previ risultati positivi, dal 2020-2021.

La bozza prosegue con la famosa “pace fiscale”, da inquadrare nel più ampio fascicolo di riforme strutturali del fisco, che coinvolgerà i contribuenti con cartelle esattoriali e liti fiscali fino a 100mila euro. Questo, che parrebbe essere un condono vero e proprio, è stato visto negativamente non solo dalle opposizioni, ormai contrarie a tutto, ma anche dall’opinione pubblica. Una sorta di tutela nei confronti dell’evasione fiscale e una perdita di diversi miliardi per lo Stato.

Inoltre è presente anche l’argomento “Tav”: il Governo intende sottoporre a un riesame, attraverso il calcolo costi-benefici, le grandi opere in stand-by come, ad esempio, la Gronda di Genova e la Torino-Lione.

Altro argomento dibattuto è quello delle pensioni o “superamento della Legge Fornero”. La pensione anticipata o quota cento (come somma di età anagrafica e contributiva) verrà discussa con alcune restrizioni funzionali alla sostenibilità del sistema previdenziale. Nel testo si prevede anche un’attenzione particolare verso le donne, caratterizzate da una carriera discontinua a causa delle gravidanze. Oltre queste misure verso le donne, viene precisato che all’interno del DEF ci saranno anche le cosiddette “pensioni di cittadinanza” che andranno ad integrare le pensioni esistenti al valore della soglia di povertà relativa di 780 euro.

Proposte interessanti sono quelle riguardanti il referendum propositivo e quello abrogativo. Il primo verrebbe integrato all’interno del circuito referendario, il secondo verrebbe riformato, eliminando il quorum strutturale che in passato ha provocato, in alcuni casi, la sua non validità. Ma non è tutto, il Movimento Cinque Stelle ha previsto anche la riduzione del numero dei parlamentari: alla Camera da 630 a 400 e al Senato da 315 a 200. Il Cnel, poi, sarebbe di nuovo al centro di una discussione per la sua abolizione.

Altra novità sarebbe quella di introdurre la possibilità di ricorrere alla Corte Costituzionale per le deliberazioni assunte dalle Camere in materia di elezioni, ineleggibilità e incompatibilità dei membri del parlamento.

E arriviamo così all’argomento della discordia della discussione del DEF: il reddito di cittadinanza. Promessa elettorale del Movimento Cinque Stelle e uno dei perni principali del contratto di Governo, quest’azione di inclusione sociale prevede incentivi per il lavoro giovanile e femminile oltre che una serrata lotta al precariato. Il reddito di cittadinanza dovrebbe costituire, nelle intenzioni di Di Maio, un incentivo a rientrare nel mercato di lavoro attraverso un percorso formativo. Ma, prima di dar vita a questo percorso vincolante, bisognerebbe riformare i centri d’impiego, importanti per trovare ed offrire il lavoro.

Forse il contenuto che ha destato maggior scalpore dentro e fuori il territorio nazionale è il debito pubblico, cioè il rapporto tra le entrate dello Stato e le uscite e il relativo debito contratto con l’istituzione sovranazionale. Un altro criterio per quantificarlo è il PIL, il rapporto deficit/PIL cioè un rapporto tra la capacità del nostro Paese di  produrre ricchezza e quanto serve per ripagarlo. Aumentare questo deficit significherebbe aumentare la percentuale di quel rapporto e quindi aumentare di diversi miliardi il debito che, invece di diminuire, aumenta.

Il Ministro dell’Economia, Giovanni Tria, avrebbe voluto seguire le linee guida imposte dall’Unione Europea, tra l’1,4% e l’1,6%, ed evitare una messa in “insicurezza” di tutta l’area economica continentale. Le insicurezze continentali deriverebbero dal fatto che qualsiasi manovra azzardata compiuta dall’Italia, secondo il Patto di Stabilità e Crescita del 1997, potrebbe compromettere la stabilità di tutti i Paesi aderenti alla moneta unica. Inoltre, il Ministro ritiene che le misure assistenzialistiche di Salvini e Di Maio siano un autogol poiché, nonostante vengano messe a disposizione per combattere la povertà, non è sicuro che quei soldi tornino nelle casse dello stato sotto forma di consumi, perché gli italiani, in previsione di una bufera economica, potrebbero contrarre ancor di più le spese.

In base alle prime indiscrezioni provenienti dalle aule di Palazzo Chigi, l’accordo ottenuto in sede di discussione sul rapporto deficit/PIL sarebbe quello di sforare i parametri europei e attestarsi sul 2,3-2,4%. I due vicepremier, Salvini e Di Maio, così facendo intendono creare un tesoretto di 13,2 miliardi sia per scongiurare l’aumento dell’IVA previsto per il 2019, sia per il reddito di cittadinanza per 6,5 milioni di persone.

 

La reazione dell’UE potrebbe, però, essere più dura del previsto. Antonio Tajani, Vicepresidente di Forza Italia e Presidente del Parlamento Europeo, ha fatto sapere tramite social network che una manovra che preveda forme assistenziali e nessun piano per la crescita, potrebbe essere bocciata senza appello dalla Commissione di Crescita UE. Così come il Sole 24 Ore, mette in dubbio la fattibilità del reddito di cittadinanza e di altre misure come la pace fiscale che potrebbe favorire gli evasori fiscali. Inoltre ci sono le incognite “mercato”“Spread” che potrebbero provocare degli enormi problemi alla manovra economica promossa dall’esecutivo giallo-verde. Sempre la maggior testata economica del Paese (il Sole 24 Ore), fa sapere che i titoli di credito italiani, o bond, a breve scadenza potrebbero risentire di questo sforamento del rapporto deficit/PIL e in particolare lo Spread potrebbe decollare oltre i 250 punti. Mentre per sondare l’altra variabile, bisognerebbe aspettare la reazione del “piatto del mercato”, imprevedibile, che potrebbe essere positiva o negativa a seconda della fiducia che gli investitori sono disposti ad accordare alla manovra economica del Governo Conte.

Di Maio, ha fortemente osteggiato il rispetto dei vincoli europei per gli annunci della Francia di Emmanuel Macron che ha annunciato di voler sforare, ancora una volta, il rapporto deficit/PIL del 2,8% dopo che i parametri UE avevano imposto il 2,6%. Molte sono state le critiche verso la Francia e l’UE a causa di questi presunti favoritismi. Ma, a malincuore, la Francia può permettersi tutto ciò per tre semplici motivi (di cui solo uno fortemente discutibile):

  1. La Francia gode di un minor debito pubblico rispetto all’Italia: i transalpini hanno un debito pubblico elevato, certo, ma circa trenta punti in meno rispetto a quello italiano (99,2% vs 132%). Inoltre, secondo gli economisti, è più sostenibile perché la Francia ha uno Spread circa 220 punti più basso di quello italiano. Questo, nonostante una crescita più bassa di quella italiana, dovrebbe rassicurare gli investitori.
  2. Titoli di Stato sicuri: il debito pubblico sostenibile porta con se elevati spazi di manovra sul versante finanziario. L’UE, di solito, quando concede flessibilità chiede delle contropartite in cambio: riforme e strumenti finanziari. Ad esempio, la Francia ha offerto i suoi titoli di stato, sicurissimi, che godono di un rendimento dello 0,84% (fonte Sole 24 Ore – titoli Oat). L’Italia, invece, per rallentare il pareggio di bilancio avrebbe dovuto dare in pegno l‘aumento dell’IVA. Per scongiurare ciò servono 13,5 miliardi di euro.
  3. Le “riforme” di Macron: Qui veniamo al punto “discutibile”. La Francia è la seconda economia europea e da sola produce il 14% del PIL dell’intera Eurolandia. Inoltre è uno dei motori politici del continente e questo incide su Bruxelles (ricordiamo che l’UE è a trazione franco-tedesca). La grande “riforma” che ha inciso sulla flessibilità europea è il grande taglio delle tasse che prevede lavoro, giustizia, università e immigrazione. A dire il vero questa riforma sembrerebbe, a prima vista, simile a quella promessa da Salvini e Di Maio. Beh, sembrerebbe che la riforma di Macron abbia conquistato l’Unione Europea, sempre “flessibile” quando si decide di “mettere mano” alla cosa pubblica.

Queste sono le sostanziali differenze tra l’Italia, che le agenzie di rating ritengono “poco sicura” per gli investimenti, e la Francia, uno dei motori politici ed economici dell’UE. Le agenzie di rating, a cui viene dato molto (forse troppo) credito, sono delle incognite a causa della loro gestione privata secondo interessi altrettanto personalistici e talvolta conflittuali.

Le manovre economiche perpetrate dal governo del cambiamento, sono coraggiose, intraprendenti e molto rischiose. L’UE potrebbe bocciarle seriamente, così provocando una crisi di Governo che metterebbe la parola fine all’esperienza della Lega e del Movimento Cinque Stelle al potere. Molti, scioccamente, auspicano che ciò accada il prima possibile senza sapere che l’ennesima crisi di Governo potrebbe dar vita all’ennesimo Governo tecnico che, per sottostare ai parametri UE, potrebbe aumentare le imposte e inasprire ancor di più la fiducia degli italiani verso la politica.

Per tirare le somme, credo sia opportuno attendere la discussione in Parlamento e le proposte, si spera costruttive, dei parlamentari. Certo, il ricorso dei 1000 tra deputati e senatori per il taglio dei vitalizi, non fa ben sperare per alcune delle proposte incoraggianti del DEF, ma sicuramente sarà curioso vedere l’evoluzione della discussione parlamentare.

Dopotutto, la Legge di Bilancio, è la legge più importante dell’anno e richiede serietà, imparzialità e obiettività per essere affrontata nel migliore dei modi.

Donatello D’Andrea

Lascia un commento