Pd: Martina spinge per le primarie a febbraio, ma unità a rischio

Il segretario del Pd Maurizio Martina, parla durante la manifestazione a Piazza del Popolo.
Il segretario del Pd Maurizio Martina, parla durante la manifestazione a Piazza del Popolo. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – Non resiste nemmeno 24 ore, il coro “u-ni-tà, u-ni-tà” urlato in piazza a Roma, ché il Pd torna sul ring grazie alla lite social scoppiata tra Michele Emiliano e Carlo Calenda, mentre le primarie che sceglieranno il segretario della nuova opposizione volano tra gennaio e febbraio, più probabilmente i primi giorni di febbraio.

Lo ribadisce Maurizio Martina che forte della prova, voluta e vinta, con i 70 mila Dem in piazza del Popolo, cerca di spostare i riflettori sull’opposizione che c’è e lotta, lanciando anche cinque punti contro la manovra varata dalla “pericolosa destra” al governo.

Il giorno dopo la manifestazione, manco il tempo dell’orgoglio, e tornano le scintille interne: il governatore della Puglia chiede su Twitter: “Chi avrebbe le palle di cacciarmi nel Pd?” e l’ex ministro gli risponde: “Se fossi il segretario, è la prima cosa che farei”.

Interviene allora Martina che glissa ringraziando il popolo Dem, tutto: “Grazie per la grande giornata a Roma, è stata la giornata del risveglio democratico”, rivendica in una lettera agli iscritti. Al mood dell’unità ritrovata si accoda Matteo Renzi: “Un’opposizione c’è ed è viva”, urla a 5 Stelle e Lega.

Ricaricato dall’energia romana, Martina detta l’agenda del partito: “Saremo venerdì a Genova, dove la città soffre le mancate risposte del governo dopo la tragedia. E domenica prossima, alla marcia Perugia-Assisi perché anche quello è il nostro posto”. In più lancia i 5 punti della contro-manovra Pd: “giovani, famiglie con figli, casa, lotta alla povertà, investimenti. Con un impegno finanziario sostenibile e senza indebitare il Paese. Si può fare. Basta volerlo”, assicura.

All’orizzonte c’è però la battaglia forse più ostica, sul futuro del partito. Tra primarie e Congresso gli ostacoli non mancano, e le divisioni interne non aiutano. Martina allora definisce il range di tempo per il prossimo Congresso, fino alle primarie. “Il Congresso sarà prima delle europee”, ribadisce al Tg3 e sicuramente non partirà domenica 27 ottobre, che coincide con la giornata della memoria. Più probabile che sia all’inizio di febbraio.

Una precisazione fatta, forse, perché i renziani intendano. Il fronte legato all’ex premier e ancora maggioritario nel partito, ricorda infatti che la data del Congresso la decide la direzione, dopo lo scioglimento dell’assemblea (e cioè a fine ottobre), non altri. Contemporaneamente pensando al successore di Martina, i renziani continuano il pressing su Graziano Delrio (che però rifiuta, con un “non mi sento adeguato al ruolo”). Oppure azzardano la carta di Marco Minniti, senza escludere un outsider come l’eurodeputata Simona Bonafè.

Qualcun altro sogna di avere Paolo Gentiloni al timone, sperando che cambi idea. E chissà che non tenti il bis lo stesso Martina: ‘prima le idee e poi le persone’ resta il suo mantra, che giustifica il silenzio difeso finora, ma il successo di domenica potrebbe far sentire aria di competizione all’attuale segretario e sfidare così l’unico rivale in campo, ossia Nicola Zingaretti.

(di Michela Suglia/ANSA)

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