Manovra, l’altolà delle banche: “La stretta del fisco, rischio ripresa”

ROMA. – Altolà delle banche alle ipotesi, ventilate dal governo ma ancora senza dettagli, di un inasprimento fiscale sul settore del credito anche allo scopo di reperire risorse per le misure della Manovra. Uno scenario che fa compattare sia l’Abi che i sindacati del settore, entrambi convinti che una misura simile peserebbe su un comparto che sta uscendo a fatica dalla crisi ma che subisci i contraccolpi dell’aumento dello spread.

Il rischio è di intaccare il patrimonio di vigilanza e aumentare il costo del credito, provocando così una sua stretta e intralciando la ripresa. Al momento sul tavolo ci sarebbe, secondo indiscrezioni di stampa, una riduzione della deducibilità degli interessi passivi all’86% dall’attuale 100%, lo slittamento su più anni della deducibilità delle maggiori svalutazioni per l’applicazione del nuovo principio contabile Ifrs 9 e l’abrogazione dell’Ace (l’aiuto alla crescita economica).

Per il presidente dell’Abi Antonio Patuelli “aumentare la pressione fiscale sulle banche” non peserebbe solo sul settore “ma indebolirebbe o rallenterebbe la ripresa e inciderebbe “su tutta la catena produttiva, il risparmio e il modello di business” delle banche che attualmente sono impegnate nel sostegno alle Pmi. “E’ evidente che se si aumenta la tassazione sulle banche non mi sembra una flat tax per le imprese: le banche sono imprese bancarie. Depotenziare la capacità delle banche e in particolare delle piccole”, con “difficoltà e tassazione in più”, sarebbe un intervento che “potrebbe potenzialmente essere un problema” afferma il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia.

Più nel dettaglio il dg dell’Abi Sabatini rileva che “Se non si consente di dedurre il costo di produzione il reddito che ne deriva non è indicativo della effettiva capacita contributiva e ci sarebbe un disallineamnento con l’art 53 della Costituzione”. Una posizione affine a quella dei sindacati (Fabi, First-Cisl, Cgil-Fisac, Uilca e Unisin): “nessuno pensi di scaricare il costo dello spread sul Paese e il taglio eventuale della deducibilità degli interessi passivi per le banche, sui lavoratori-lavoratrici del credito.

(di Andrea D’Ortenzio/ANSA)

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