Cinquantacinque anni fa la tragedia del Vajont, Mattarella: “Opere pubbliche siano sicure”

55 anni dalla tragedia del Vajont: nella foto d'epoca un ragazzo seduto su un macigno piange..
55 anni dalla tragedia del Vajont.

BELLUNO. – Il Vajont e il Ponte di Genova. Due disastri immani, distanti tra loro 55 anni, uniti da un solo fattore: la sottovalutazione degli standard di sicurezza, che – ha richiamato il Capo dello Stato, Sergio Mattarella -, “devono essere sempre garantiti in ogni opera pubblica al massimo livello”.

Un tema che il Presidente ha affrontato nel giorno, il 9 ottobre, che ricorda la più grave “tragedia industriale” – è ormai riconosciuto – avvenuta in Italia: la frana e la grande onda che dal bacino del Vajont portò distruzione e morte nella valle del Piave, lacerando anche il comune friulano di Erto e Casso.

Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963 quando un pezzo del monte Toc precipitò nel lago, causando l’ondata che saltò la diga e spazzò via ogni cosa. Morirono circa 2.000 persone (1.917 il conteggio ufficiale), tra cui 487 bambini sotto i 15 anni, 450 cadaveri non furono mai trovati. Longarone contò 1.450 vittime, Codissago e Castellavazzo 109, Erto e Casso 158.

“A 55 anni dal disastro del Vajont l’Italia – ha detto Mattarella – non dimentica le vite spezzate, l’immane dolore dei parenti e dei sopravvissuti, la sconvolgente devastazione del territorio, i tormenti delle comunità colpite. Neppure può dimenticare che così tante morti e distruzioni potevano e dovevano essere evitate”.

Il Vajont – ha aggiunto – “sollecita un’assunzione di responsabilità, anzitutto delle istituzioni a tutti i livelli, della società civile, di scienziati e tecnici, degli operatori industriali affinchè gli standard di sicurezza siano sempre garantiti in ogni opera pubblica al massimo livello e l’equilibrio ambientale venga ovunque assicurato, a tutela della vita dei cittadini e delle comunità”.

Sentimenti di cordoglio sono stati espressi dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per il quale è doveroso “ricordare sempre ai figli che il 9 ottobre 1963 interi paesi vennero cancellati dalla faccia della terra, uccidendo 1.917 persone, tra cui 487 bambini, vittime della cupidigia e della follia umana”.

L’Aula del Senato ha commemorato in piedi la tragedia del Vajont. Per Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia, “la conservazione della memoria è il primo passo per evitare il ripetersi di tragedie”, mentre il governatore veneto, Luca Zaia, ha sottolineato “il dovere di piangere le vittime, ma soprattutto di tenere bene a mente le responsabilità”.

Il Vajont “fu genocidio dei poveri'” ha ricordato con drammatica efficacia lo scrittore Mauro Corona. Come ogni anno a Longarone  si sono susseguite iniziative e commemorazioni, e alle 22.39 esatte il silenzio sul paese sarà rotto dai rintocchi della campana della chiesa parrocchiale. Il parallelo con Genova, evocato dai massimi rappresentanti delle istituzioni, è stato fatto in modo diretto dal sindaco di Longarone, Roberto Padrin. Come per il Vajont – ha detto – “il tragico crollo del ponte Morandi è stato un altro esempio di cattivo governo della ‘cosa pubblica’, il colmo di omissioni e di mancato rispetto delle regole”.