Salvini alla guerra dei negozietti etnici, stop alle 21

Chineat: uno dei tanti negozi etnici a Milano
Chineat: un negozio etnico a Milano

ROMA. – In diretta facebook dal tetto del Viminale – camicia bianca e ombrello in mano – il ministro dell’Interno Matteo Salvini, lancia un’offensiva contro i negozietti etnici, “ritrovo di spacciatori, ubriaconi e casinisti”. Nel decreto sicurezza, annuncia, un emendamento fisserà la chiusura alle 21 per questi esercizi commerciali. Ed un’altra misura aggiunta al dl imporrà alle società di calcio di contribuire con una quota dei loro incassi alla gestione dell’ordine pubblico.

All’ora di pranzo, dunque, Salvini appare per 25 minuti in collegamento social dalla terrazza del ministero. Il cielo è plumbeo e quindi si presenta con un ombrello, che poi però abbandona. “Sono qui – annuncia – per fare il riassunto di quello che abbiamo fatto e di quello che faremo”. Si spazia dalla sicurezza (“nessuna questura perderà un solo poliziotto”, garantisce) ai migranti (“l’anno prossimo taglieremo di un miliardo le spese per l’accoglienza di un esercito di finti profughi”), dalla manovra (“indietro non si torna, semmai acceleriamo”) all’odiata legge Fornero (“un furto sia per i sessantenni che per i giovani”).

Tra un argomento e l’altro il ministro trova il tempo di esprimere la sua ammirazione per lo skyline della Capitale, invitando l’operatore che lo riprende ad inquadrare alcuni monumenti storici: “là – indica – c’è l’Altare della Patria: posso farlo vedere senza essere accusato di nostalgie mussoliniane?”.

Tornando ai suoi temi, Salvini annuncia due novità che saranno inserite con emendamenti al decreto immigrazione e sicurezza che ha iniziato il suo iter al Senato. Il primo prende di mira quei “negozietti etnici, dove c’è gente che beve fino alle 3 del mattino, pisciano e cacano sulla porta di casa e questo non è educato. Ne disporremo la chiusura entro le 21. Non è – sottolinea – un’iniziativa conto i negozi stranieri, ma per limitare gli abusi di alcuni”.

Ma Confesercenti prende le distanze: “Non si può – spiega il segretario generale Mauro Bussoni – fare una norma che discrimina determinati imprenditori rispetto ad altri. Chi ha un’attività commerciale ha diritti e doveri: il dovere di rispettare le regole e il diritto di restare aperti, che siano esercizi gestiti da stranieri o da italiani”.

Più cauta Confcommercio: “il principio di voler contrastare l’invasione dei minimarket nei centri storici cittadini, fenomeno figlio delle liberalizzazioni, è condivisibilissimo, ma va fatto con raziocinio”, osserva Enrico Postacchini, membro della giunta.

Dura la senatrice Monica Cirinnà (Pd): “i commercianti vengono quindi ora schedati in base all’etnia. Da quando Salvini ordinerà poi le stelle gialle sulle vetrine? Tutto ciò ha un nome: si chiama fascismo”. Nello stesso decreto il titolare del Viminale punterà poi a far pagare anche alle società di calcio le spese per le migliaia e migliaia di agenti impegnati per garantire l’ordine pubblico negli stadi.

“Visto che i club pagano milioni di euro per acquistare giocatori – rileva – chiedere loro di versare una piccola quota dei loro incassi (il 5-10%) per la gestione dell’ordine pubblico mi sembra solo buonsenso”. Su questo punto risponde al ministro il presidente del Torino, Urbano Cairo. “Vediamo la legge e poi valutiamo. Posso dire che i club già investono in sicurezza, e non poco, con gli steward”. “Il Torino – precisa Cairo – incassa durante l’anno circa 5 milioni. Per la sicurezza paghiamo gli steward, sono costi di servizio che già vanno oltre quella soglia”.

(di Massimo Nesticò/ANSA)

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