Malumori M5s e nuove tensioni: Lega rilancia il mini scudo

Rottura: I due vicepremier: Luigi Di Maio e Matteo Salvini. M5s e Lega. Roma
I due vicepremier: Luigi Di Maio e Matteo Salvini

ROMA. – E’ fatto di “ipotesi”, il giorno dopo il varo della manovra. E di tensioni e trattative. Perché al dunque, farà la differenza come le singole misure saranno scritte. Gli ‘ortodossi’ M5s, esponenti della minoranza che fa capo a Roberto Fico, non nascondono il loro disagio per la sanatoria “del nero” contenuta nella pace fiscale, ma prima di uscire allo scoperto dicono di voler “leggere il testo”. “E’ una schifezza” il combinato disposto di “via libera al condono e al Tap”, si sfoga a taccuini chiusi un senatore pentastellato.

Ma la battaglia è ancora a livello di governo. Definiti i punti cardine, restano alcuni ‘buchi’. E così l’inasprimento del carcere per gli evasori voluto dal Movimento non sarà nel decreto fiscale ma in un altro provvedimento da definire. E mentre Luigi Di Maio annuncia di aver fermato lo scudo fiscale, la Lega non desiste su una voluntary disclosure.

L’ipotesi di un nuovo vertice dei due vicepremier, si diffonde in mattinata, quando Matteo Salvini diserta l’assemblea di Unindustria e fa ingresso a Palazzo Chigi. Ma in serata fonti leghiste spiegano che all’origine del forfait ci sarebbe l’irritazione del ministro per le critiche del presidente di Unindustria alla manovra: nella sede della presidenza, dove ha un ufficio, il ministro dell’Interno ha fatto un punto con Giorgetti, assicurano.

Negli stessi minuti, nell’ufficio del premier Giuseppe Conte fanno ingresso il ministro dell’Economia Giovanni Tria e Di Maio. Si parla di manovra, ma anche di nomine. Perché sono tanti i dossier in sospeso: non solo la Rai, su cui Salvini e Di Maio devono ancora trovare un’intesa, e i vertici dell’intelligence, ma anche Consob e Antitrust, al centro di un vero e proprio braccio di ferro. E spunta anche Mps, nel mirino fin dalla nascita del governo, per un cda, a partire dall’ad Marco Morelli reputato vicino al centrosinistra.

Più in generale sarebbe in corso una riflessione sul sistema bancario e in particolare sugli istituti più piccoli, per i quali da tempo si ipotizzano anche aggregazioni. Ma la Lega frena: non ci sono ipotesi fondate o decisioni imminenti. Tra i rumors continuano a circolare, nonostante la smentita del protagonista, le voci su una possibile sostituzione di Tria all’Economia dopo il varo della manovra.

I pentastellati non nascondono malumori e continuano a ipotizzare un mini-rimpasto di inizio anno (con tanto di nomi, come Paolo Savona e Gustavo Piga, professore che era stato in ballottaggio con Tria). All’indomani del varo della manovra, però, sono le tensioni tra alleati di governo a tenere banco. M5s fa sapere di esser pronto a dare battaglia in Parlamento.

La Lega si mostra sicura di aver ‘sminato’ il reddito di cittadinanza, sia nei costi che nella portata. E rilancia una ‘voluntary disclosure’, “limitata e trasparente”, magari sulle cassette di sicurezza. Sulle pensioni d’oro, i leghisti mirano a ridurre la portata della tagliola. E ancora, dai fondi all’editoria, al carcere per chi bara sul reddito di cittadinanza, si tratta a oltranza.

L’intesa politica raggiunta tra i due vicepremier, i cui rapporti sembrano essersi raffreddati, non verrà smentita. Ma si attende di capire se un fattore come il declassamento delle agenzie di rating (il 26 ottobre Standard & Poor’s, il 31 Moody’s) costringerà a cambiare qualcosa. Per ora lo spread che cala e la borsa in positivo porta un sottosegretario a sorridere e scherzare: “Se i mercati vanno bene, forse stiamo sbagliando”.

(di Serenella Mattera/ANSA)