Papa Francesco: “Le carceri migranti in Libia? Come i lager e i gulag”

Papa Francesco durante una audizione generale a Piazza San Pietro bacia un bambino.
Papa Francesco durante una audizione generale a Piazza San Pietro bacia un bambino. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

CITTA’ DEL VATICANO. – Il Papa dialoga con i gesuiti delle Repubbliche baltiche, lo scorso 23 settembre a Vilnius, in Paesi che hanno conosciuto sia il giogo hitleriano che quello sovietico. E il suo pensiero va al fatto che quelle oppressioni e torture oggi si compiono ancora: ad esempio sui migranti ricacciati indietro dai governi europei e rinchiusi dai trafficanti nei centri di detenzione libici.

“Sto pensando a un filmato che testimonia la situazione di alcune carceri del nord Africa costruite dai trafficanti di persone. Quando i governi rispediscono indietro chi era riuscito a mettersi in salvo, i trafficanti li mettono in quelle carceri, dove si praticano le torture più orribili”, dice Francesco nel colloquio con 28 confratelli gesuiti nella Nunziatura di Vilnius, trascritto da padre Antonio Spadaro e pubblicato adesso da Civiltà Cattolica.

“Noi oggi ci strappiamo le vesti per quello che hanno fatto i comunisti, i nazisti e i fascisti… ma oggi? Non accade anche oggi? Certo, lo si fa con guanti bianchi e di seta!”, è il suo duro atto d’accusa. Il Papa, alle domande dei presenti, risponde in particolare a mons. Sigitas Tamkevicius, che ha sperimentato la prigionia a opera del Kgb.

Francesco è appena rientrato dalla visita al Museo delle Occupazioni e delle Lotte per la Libertà, “il Golgota lituano”, all’epoca sede delle prigioni in cui venivano detenuti e torturati gli oppositori del regime sovietico. Uno dei momenti più intensi del viaggio. “Voglio dirvi questo: noi diciamo che Gesù è disceso agli inferi, e io vi consiglio di non aver paura di discendere negli inferi delle persone”, osserva.

“Alle volte – prosegue -, questo addirittura significa entrare nel campo del diavolo. Ma le sofferenze umane, sociali, quelle delle coscienze… bisogna scendere agli inferi, bisogna scendere lì. Toccare le piaghe. E toccando le piaghe delle persone, tu tocchi le piaghe di Cristo”.

Secondo il Pontefice, “il gesuita non deve aver paura di questo. È una grazia che si riceve dalla mano del Signore. E queste ferite non si sono aperte solamente a Vilnius e nel passato. La stessa cosa accade proprio oggi in tante situazioni sociopolitiche del mondo”.

Ecco, quindi, il suo ricordo del filmato da lui visto sui centri di detenzione per migranti in Libia, sulle “torture più orribili” praticate dai trafficanti a danno di quanti, magari scampati a un naufragio, “i governi rispediscono indietro”. “Per questo è importante che lei parli della sua esperienza di prigionia – insiste -. La gente deve sapere che significa. È bene che ne parli”.

Per il Papa, “quello che hanno fatto i comunisti, i nazisti e i fascisti”, per cui “oggi ci strappiamo le vesti”, in realtà “accade anche oggi”, e “lo si fa con guanti bianchi e di seta!”. “Lo sapete – dice ancora Bergoglio ai confratelli della Compagnia di Gesù -, Sant’Ignazio ci chiede di sforzarci di provare dolore, di piangere per Cristo che soffre la passione (…) Ignazio conosceva la resistenza che noi abbiamo a mettere dentro il nostro cuore i dolori degli altri. Per questo ci chiede di sforzarci. Per questo è importante meditare la passione del Signore”.

“Devo farvi una confidenza – conclude -. Io sempre porto con me questa Via Crucis tascabile, per ricordare la passione del Signore (e la tira fuori dalla tasca, ndr). È la passione di tanta gente che oggi è carcerata, torturata. Mi fa bene meditare la Via Crucis”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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