Duque: “Obbligo morale accogliere i venezuelani. Non chiuderemo le frontiere”

Il Presidente della Colombia, Ivan Duque stringe la mano al Presidente Sergio Mattarella durante la visita in Italia.
Il Presidente della Colombia, Ivan Duque stringe la mano al Presidente Sergio Mattarella durante la visita in Italia. EPA/FRANCESCO AMMENDOLA / UFFICIO STAMPA QUIRINALE

ROMA.- “Il mio primo ed unico mandato… “, tiene a precisarlo il presidente della Colombia Ivan Duque, che proprio nelle scorse ore da Roma ha respinto le proposte emerse a Bogotà di estendere il mandato presidenziale. Ma per i quattro anni che lo vedranno in carica – si è insediato lo scorso 7 agosto – Duque, a 42 anni uno dei più giovani presidenti della storia colombiana, ha le idee chiarissime, che in un’intervista all’ANSA spiega come un percorso basato su tre pilastri: “legalità, imprenditoria e uguaglianza”.

“Dobbiamo costruire una pace duratura basata sul principio di legalità. Dobbiamo smantellare le organizzazioni criminali e mettere fine all’espansione delle colture illegali. Allo stesso tempo dobbiamo avere un forte settore giudiziario”. Ma anche: “voglio essere il presidente che può far crescere le piccole e medie imprese, fare in modo che queste generino impiego, e identificare nuovi settori che siano fonte di sviluppo”.

Quindi l’equazione: “legalità più imprenditoria risulta in eguaglianza”. E allora istruzione, sanità, accesso alla cultura, accesso ai servizi finanziari, fino allo sviluppo del settore agricolo.

Anche a presentare questa sua visione Duque è venuto in Italia, la prima tappa di un tour europeo che lo vede poi a Bruxelles per incontri con i vertici delle istituzioni Ue e con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. In Vaticano ha visto papa Francesco, per un colloquio “molto costruttivo”.

Duque si dice un “ammiratore” di Bergoglio: “Sono cattolico, amo le sue posizioni sulla religione e sulla politica. Ci siamo confrontati su America Latina, sulla situazione in Venezuela, sulla pace in Colombia, su come smantellare la corruzione” ma anche su “Amazzonia e biodiversità, politiche per i giovani. E’ stato un incontro eccellente”.

A Roma Duque ha visto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati. E ha spiegato all’ANSA che per i rapporti già buoni con l’Italia auspica un ulteriore miglioramento. “Al momento è stato firmato un trattato per mettere fine al regime di doppia tassazione, che deve essere ratificato dai parlamenti italiano e colombiano. Spero che sia fatto entro il prossimo anno”, ha detto.

Ma soprattutto ha sottolineato come tra le sue speranze ci sia un’ulteriore crescita dell’export già buono verso l’Italia, così come per gli investimenti in cui l’Italia fa già bene: “Credo che si possa fare molto meglio”. I settori che menziona sono molteplici, da quello del cacao all’high-tech al settore assicurativo, fino al sistema ferroviario, che vede come “un’opportunità, in cui l’Italia ha esperienza”. E lo sviluppo secondo Duque non può più prescindere nemmeno dal turismo: “deve essere visto per la Colombia come il nuovo petrolio”.

Quasi uno slogan quello del neopresidente che vede nell’Europa “una fonte di turismo e allo stesso tempo un luogo in cui possiamo imparare molto”. Tassello fondamentale di crescita quindi, che in Colombia passa però inevitabilmente attraverso nodi ancora complicati da sbrogliare, a partire da un processo di riconciliazione tutto in corso, sul quale il presidente pure delinea un piano chiaro:

“Io dico sempre che chi sta compiendo la transizione ha tutto il nostro sostegno. Ma posso anche dire che abbiamo tolleranza zero per coloro che tornano all’attività criminale. Dobbiamo sradicare e sostituire le colture illegali, perché in questo modo eliminiamo un ostacolo allo sviluppo. Per me contrastare la coltura di cocaina non è soltanto una questione di sicurezza nazionale, ma anche di protezione ambientale”.

Altrettanto fermo sui colloqui con l’Eln (i guerriglieri colombiani dell’Esercito di Liberazione Nazionale): “Se vogliono dialogare io sono pronto. Ma soltanto se rilasciano tutti gli ostaggi e cessano le attività criminali”.

Spinoso poi resta il rapporto con il Venezuela, alla luce di quella che Duque definisce una “crisi umanitaria diventata una crisi migratoria”, all’origine della quale, spiega, “C’è una dittatura. Credo che sia mio obbligo morale accogliere i venezuelani. Non chiuderemo le frontiere”, insiste però sulla necessità di “fare fronte alla causa di questa migrazione. Per questo ho denunciato Nicolas Maduro alla Corte Penale internazionale. Abbiamo il sostegno dei presidenti di Argentina, Paraguay e Cile. Anche del primo ministro canadese Trudeau e del presidente francese Macron. Spero che altri paesi si uniscano”.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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