Bolsonaro, l’incubo di ambientalisti e indigeni

Indigeni che vivono vicino al fiume Xingu, Tapajós e Teles Pires respinti dalle truppe militari brasiliane. Brasile
Indigeni che vivono vicino al fiume Xingu, Tapajós e Teles Pires respinti dalle truppe militari brasiliane. Ruy Sposati / Agência Raízes

ROMA. – Per gli ambientalisti brasiliani, Jair Bolsonaro è l’incubo perfetto, diventato realtà. Il presidente eletto è vicino alla lobby di agricoltori e allevatori, la cosiddetta Bancada Ruralista, e all’industria mineraria. In campagna elettorale ha detto ripetutamente di voler aprire la foresta amazzonica allo sfruttamento agricolo e minerario e alle grandi dighe idroelettriche, riducendo tutti i vincoli posti dai governi precedenti a difesa della natura e dei popoli indigeni.

Come per Trump, per Bolsonaro conta più lo sviluppo economico che l’ecologia. Il presidente eletto ha promesso di fondere il ministero dell’Ambiente con quello dell’Agricoltura, subordinando così la tutela ambientale agli interessi di coltivatori e allevatori. “Ci sono troppe aree protette sulla via dello sviluppo del Brasile”, ha detto. E ancora: “Preserveremo l’ambiente, ma non disturberemo le vite di chi produce”.

Bolsonaro ha accusato le agenzie ambientali brasiliane di essere “un’industria delle multe”. La principale del paese, l’Ibama, è una delle sue bestie nere. Il neo-presidente in campagna ha promesso di ridurla al silenzio. Non solo, ha promesso di semplificare le valutazioni di impatto ambientali delle opere edili. Per Greenpeace Brasil, se Bolsonaro manterrà le promesse elettorali “la deforestazione in Amazzonia può triplicare”.

L’ex capitano dell’esercito aveva annunciato che avrebbe ritirato il Brasile dall’Accordo di Parigi (molti suoi collaboratori sono scettici sul riscaldamento globale), ma dopo il primo turno ha cambiato idea. Altra bestia nera del nuovo presidente sono le riserve dei popoli indigeni, vietate allo sfruttamento agricolo e minerario. Bolsonaro ha annunciato che saranno aperte a minatori ed allevatori, e che non ne saranno create di nuove. “Non un centimetro sarà demarcato per le riserve indigene”, ha detto.

Il nuovo capo del governo vuole anche far ripartire i progetti per le gradi dighe idroelettriche in Amazzonia, bloccate per le preoccupazioni ambientale e le proteste dei nativi. In Brasile vivono circa 900.000 indigeni, l’1% della popolazione. Le loro terre sono costantemente minacciate dalle occupazioni abusive di agricoltori, allevatori e minatori, e molti indios vengono massacrati perché si oppongono.

Il Brasile è lo stato più pericoloso al mondo per gli attivisti ecologisti: l’anno scorso ne sono stati ammazzati 57. E ora, con un presidente che li detesta, il loro futuro appare ancora più fosco.

(di Stefano Secondino/ANSA)

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