Teodoro Petkoff, la coscienza di un Paese

Teodoro Petkoff

Teodoro Petkoff è morto. E’ stato un uomo che ha vissuto tutta la vita inseguendo un sogno e lottando per gli ideali di libertà e uguaglianza sociale. Lo conoscemmo nel ’75. Abbandonata la lotta armata, era diventato un leader politico con grande carisma. Noi, appena studenti universitari, dopo un anno trascorso in Italia immersi nel fervore politico che caratterizzò gli “anni di piombo”, cercavamo in Venezuela l’equivalente alla sinistra berlingueriana; quella genuinamente progressista, democratica e libertaria. La trovammo nel Movimento al Socialismo che Teodoro Petkoff fondò assieme a Pompeyo Màrquez, Eloy Torres, Freddy Muñoz e Argelia Laya.

La nascita del Mas rappresentò uno strappo traumatico per la sinistra venezuelana ancorata al vecchio Partito Comunista, figlia della guerriglia, e condizionata dall’Unione Sovietica e dalla Cuba di Fidel Castro. Petkoff fu accusato di revisionismo. E non solo in Venezuela. La sinistra italiana, però, accolse con simpatie le sue idee, che rispecchiavano “grosso modo” quelle del “Compromesso storico” predicato da Enrico Berlinguer.

L’ascesa del “chavismo” non lo sorprese. Da abile analista politico, capì subito che il discorso populista e demagogico del Tenente Colonello avrebbe stregato l’elettorato. E fin dal fallito colpo di stato del 1992 fu il suo più acerrimo avversario. Il Tenente Colonello fu eletto presidente della Repubblica, più per gli errori dei leader politici che per meriti propri.

Fondato il quotidiano “Tal Cual”, Petkoff, con i suoi editoriali, divenne in pochissimo tempo un punto di riferimento della Venezuela libertaria e profondamente democratica; la coscienza di un paese al quale è stata venduta l’illusione di un futuro migliore mentre lo si condannava a vivere il presente nella povertà e nella miseria.

I governi “illiberali” hanno tanti strumenti per azzittire le voci del dissenso. Con Petkoff sono stati impiegati tutti, proprio tutti, meno il carcere. Ma nessuno è riuscito ad addomesticare il suo spirito indomito. Attraverso le pagine del suo “foglio”, Petkoff ha continuato, fin quando la salute glielo ha permesso, a denunciare gli abusi di un governo dalla forte vocazione autoritaria. I suoi editoriali, coincisi e precisi, a volte scritti con sarcasmo e ironia sono stati per anni la spina al fianco del governo.

Teodoro Petkoff, purtroppo, non potrà vedere il paese che ha tanto sognato. In cambio, lascia alle generazioni future un esempio di vita e di condotta. E’ questa la sua eredità . E’ l’ultima beffa a un governo che, nonostante tutto, non è riuscito ad assoggettarlo.

Mauro Bafile