Bankitalia: “Abbattere lo spread, è costato 1,5 miliardi”

Una veduta della sede della Banca d'Italia a Palazzo Koch, Roma.
Una veduta della sede della Banca d'Italia a Palazzo Koch, Roma. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – E’ lo spread, tornato a quota 300 punti, la principale preoccupazione di Bankitalia dopo il varo della manovra 2019. Passando in rassegna gli interventi inseriti dal governo nella legge di bilancio, Via Nazionale punta il dito ancora una volta sul costo del debito pubblico e sul sovrapprezzo che l’Italia è costretta a pagare per il rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato.

Un danno finanziario che potrebbe trasformarsi anche in una vera beffa, non solo perché il livello così alto dei tassi non rispecchia i fondamentali dell’economia italiana, ma anche perché i costi extra rischiano di cancellare gli stimoli e gli sforzi espansivi che il governo punta a mettere in campo dal prossimo anno.

A pesare sull’andamento delle aste non sono infatti le misure vere e proprie né lo stato effettivo del tessuto economico italiano, quanto l’incertezza degli orientamenti politici, che ha finora pesato sulle decisioni di investimento dei mercati. In sei mesi l’economia italiana, e quindi anche le famiglie italiane, hanno così bruciato in spread 1,5 miliardi di euro.

E il conto del rialzo dei tassi di interesse sui titoli di Stato potrebbe salire ancora: a 5 miliardi l’anno prossimo e a 9 miliardi in quello successivo. Il differenziale con i titoli tedeschi va dunque abbattuto subito e vanno ristabilite certezza e fiducia, ha insistito il vicedirettore generale Luigi Federico Signorini. “Auspico che, nell’ambito dell’interlocuzione in corso con la commissione e con il Consiglio europeo, si trovi una soluzione che concili il rispetto sostanziale delle regole cui l’Italia è tenuta e che assicurano un credibile percorso di rientro nel medio termine, con accorte misure di sostegno all’economia e con il perseguimento degli obiettivi politici del governo e del Parlamento” Bankitalia guarda certo ai mercati.

“L’aumento dello spread sovrano si ripercuote sull’intera economia – ha spiegato – la crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico ha un effetto in qualche modo comparabile a una stretta monetaria”, tale da mettere a rischio o addirittura “vanificare tutto l’impulso espansivo atteso dalla politica di bilancio”. Una strategia espansiva peraltro di cui Via Nazionale non è del tutto convinta.

“Pur utile in fasi cicliche avverse, una politica di bilancio espansiva non garantisce la crescita nel medio termine e può metterla in pericolo a lungo andare”, ha avvertito ancora Signorini. Tanto più che il conseguimento degli obiettivi di crescita prefigurati dal governo per il prossimo anno, pari all’1,5%, appare come una prospettiva “ambiziosa”.

Via Nazionale non risparmia giudizi anche sui punti cardine della legge. Il reddito di cittadinanza va esaminato attentamente, evitando abusi con controlli specifici, mentre qualsiasi intervento in materia previdenziale, che il legislatore è libero di scegliere, non può comunque esimersi dalla necessità di preservare la sostenibilità del sistema. Più tranchant invece il parere sulla pace fiscale e sulle sanatorie previste dal decreto collegato alla manovra. In questo caso il richiamo è esplicito perché il condono fiscale potrebbe “determinare disincentivi all’adempimento regolare degli obblighi tributari”, in pratica spingerebbe a non pagare le tasse.