Ira M5s sui ribelli, ma i numeri al Senato frenano espulsioni

La seduta del Senato per l'approvazione del decreto sul voto di scambio. M5s
Da balneari a bonus auto e cultura, ballano misure e coperture. (ANSA)

ROMA. – Lo scontro è frontale ma di espulsioni, al momento, non c’è traccia. Il M5S, in queste ore, è alla prese con il grande nodo dei senatori dissidenti Gregorio De Falco e Paola Nugnes ma anche Elena Fattori. Un nodo doppio, perché da un lato Luigi Di Maio e i vertici del Movimento mostrano il volto dell’inflessibilità pentastellata di fronte a chi non è allineato ma, dall’altro, i numeri ristretti della maggioranza al Senato e il rischio di fare da “casus belli” ad altre clamorose bocciature a Palazzo Madama frenano qualsiasi sanzione.

Inoltre, nessuno tra i Cinque Stelle vuole regalare l’alibi a Salvini dei numeri risicati a Palazzo Madama per aprire ai Fratelli d’Italia la strada della maggioranza. Uno scenario che indebolirebbe troppo la posizione di Di Maio. Del resto, lo stesso Matteo Salvini, all’indomani dello strappo in Commissione sul condono, preferisce stare alla finestra: “Rimedieremo in Parlamento. Se ci saranno conseguenze? Chiedetelo ai Cinque Stelle”, commenta di prima mattina, buttando la palla nel campo del movimento.

“Se tutto ciò fosse successo alla Camera, sarebbero già fuori”, è il ragionamento che di fa tra più di un esponente M5s rilanciando una convinzione che serpeggiava già dopo il caso del dl sicurezza, dove alla “dissidenza” si era aggiunti Matteo Mantero e Virginia La Mura. La soluzione più auspicata, nel Movimento, sarebbe quindi quella delle dimissioni dal Senato dei dissidenti.

E non è un caso che Riccardo Fraccaro, ministro ma anche probiviro, dica: “Se qualcuno non si trova più bene nel Movimento, c’è una regola che abbiamo sempre enunciato in campagna elettorale: fa un passo indietro e va a casa, lasciando il posto a qualcun altro”. Tuttavia, al momento la strada delle dimissioni è utopica, a parte qualche dubbio nella Nugnes, “ortodossa dura e pura”.

“Io non me ne andrò perché sono in linea e coerente con le idee del M5s”, spiega De Falco che sul suo voto al Dl Genova ricorda: “la tutela dell’ambiente è una delle 5 stelle del Movimento”. Quindi, aggiunge sornione: “Se temo l’espulsione? Credo proprio di no anche perché nessuno mi ha fatto sapere nulla”.

Che fare quindi? Dai vertici confermano la linea dura parlando tuttavia, di “lungaggini e di problemi” legati alle procedure del Movimento e prendendo sostanzialmente tempo. Lo scontro con i dissidenti, resta comunque totale e i contatti con i vertici sono pari a zero. “Se non ti trovi, vai a casa. Noi dobbiamo tenere in piedi i conti del Paese, non quelli della famiglia De Falco”, attacca il sottosegretario Stefano Buffagni rilanciando un mantra che già ieri, dai vertici filtrava: quello di associare la protesta all’obbligo delle rendicontazioni, con la scadenza della seconda tranche ormai prossima.

I tre “accusati”, tuttavia, rispondono per le rime. Nel M5s “c’è un clima di terrorismo psicologico”, denuncia su Fb Fattori, da tempo insofferente per la leadership di Di Maio, considerata troppo monocratica. Alla Camera, invece, i deputati sono tutti (o quasi) con Di Maio mentre Roberto Fico, al quale, almeno dal punto tematico i dissidenti fanno riferimento, si tiene alla larga da uno scontro che potrebbe in qualche modo sfiorarlo.​

(di Michele Esposito e Marcello Campo/ANSA)

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