Ortodossi M5S a “processo”, ma il dissenso si allarga

"Armati" di bandiere del movimento, militanti e parlamentari pentastellati si sono riuniti fuori dalla Camera per "festeggiare" l'intesa raggiunta sulla manovra.
"Armati" di bandiere del movimento, militanti e parlamentari pentastellati si sono riuniti fuori dalla Camera per "festeggiare" l'intesa raggiunta sulla manovra. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Nuovo strappo del senatore 5 Stelle Gregorio De Falco che sul dl Genova diserta platealmente l’Aula. Per lui l’espulsione dovrebbe essere, a questo punto, un percorso senza via d’uscita: il mancato voto di oggi si aggiunge infatti a quello sul voto di fiducia al decreto sicurezza. Episodio che già lo aveva portato nel mirino del collegio dei probiviri assieme ad altri colleghi, alcuni dei quali anche oggi assenti al Senato. Come Paola Nugnes ed Elena Fattori, che tuttavia oggi risultava in congedo. Presenti invece gli altri due senatori che avevano dissentito sul dl sicurezza: Matteo Mantero e Virginia La Mura che oggi hanno votato a favore del decreto.

Situazioni diversificate tra loro sulle quali dovrà decidere il collegio dei probiviri che dovrebbe riunirsi a breve. “La notte è lunga…” si limita a commentare un esponente di punta del M5S. Un modo per lasciare intendere che la decisione potrebbe essere in dirittura d’arrivo anche se non risulta ai senatori ‘sotto processo’ alcuna notifica dell’avvio del procedimento a loro carico. “De Falco ha lasciato l’aula. Mi torna in mente il suo ‘torni a bordo, cazzo'” scherza il sottosegretario Stefano Buffagni”.

Allusioni a cui il comandante di fregata non sembra voler dare peso, ma che suscitano invece la piccata reazione di Paola Nugnes anche sul fronte della restituzione dei rimborsi: “Mi sembra di ricordare che la diffamazione è un reato penale” ricorda via Fb dove pubblica le ricevute delle sue “restituzioni”.

Il fatto è che a prescindere da espulsioni ed eventuali altre sanzioni la tenuta dei 5 Stelle al Senato continua ad essere motivo di allarme. Oggi sul dl Genova sono stati 10 i voti mancanti da parte del gruppo pentastellato: tre erano assenti giustificati per motivi di salute, ma gli altri potrebbero rappresentare il segnale di un malessere potenzialmente crescente.

E, oltre ai 10 voti mancati del M5s, ce n’erano altri 8 che non sono arrivati dalla Lega: 18 voti in meno sopperiti con l’ausilio di FdI che diventa sempre più stampella del governo, determinandone uno spostamento di asse verso destra che preoccupa i vertici del Movimento in vista dell’arrivo di nuovi appuntamenti d’Aula.

In Senato toccherà alla legittima difesa, provvedimento targato Lega e inviso da una parte del Movimento. Alla Camera entrerà nel vivo il dl sicurezza che dovrà passare per le ‘forche caudine’ della Affari costituzionali presieduta dall’ortodosso 5S Giuseppe Brescia. E i tempi sembrano maturi affinché l’ala che fa riferimento a Roberto Fico decida di farsi sentire a Montecitorio, dove lo spazio di azione del Presidente della Camera è maggiore.

In quest’ottica, si legge anche l’affondo di Luigi Di Maio sugli inceneritori e il no M5S all’emendamento della Lega sul peculato nel ddl anticorruzione: tutti temi sensibili in cui Di Maio è chiamato a dare un segnale “identitario” non solo alla base parlamentare ma anche ai militanti. Base parlamentare che, nel frattempo, scalpita per la nomina di Stefania Pucciarelli alla Commissione diritti umani del Senato: ci aspettiamo che sia super-partes, è il mantra che serpeggia tra più di un deputato.

Anche per questo una decisione sulle espulsioni in questo momento potrebbe essere poco raccomandabile. Il ‘proboviro’ Iacopo Berti sembra indicare una via d’uscita: “Il regolamento parla chiaro: c’è l’impegno a votare la fiducia di un governo con un premier espressione del M5S”. E Conte lo è solo per metà.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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