Cento anni dell’Aula di Montecitorio, un secolo di battaglie

L'aula della Camera dei Deputati vuota. Montecitorio
L'aula della Camera dei Deputati vuota. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – L’Aula di Montecitorio compie cento anni. E’ passato un secolo da quando, il 20 novembre 1918, per la prima volta Giuseppe Marcora disse “La seduta è aperta” nell’Emiciclo progettato da Ernesto Basile, l’architetto palermitano campione del liberty mediterraneo che disegnò uno per uno tutti i mobili e persino le maniglie delle porte e gli attaccapanni del maestoso ampliamento del palazzo il cui cantiere è durato ben dieci anni.

La Grande Guerra era finita da appena due settimane quando i deputati del Regno abbandonavano l’Aula Comotto, piccola, gelida d’inverno e bollente durante i mesi estivi per trasferirsi in un emiciclo nuovo, ampio e dall’acustica perfetta. Un ambiente immenso, dove c’era posto adeguato non solo per i deputati ma anche per il pubblico, per i giornalisti parlamentari che seguivano le sedute e per i diplomatici stranieri che, in un tempo in cui non c’era la televisione, dovevano andare di persona a seguire i dibattiti più importanti per informarne le Cancellerie di riferimento.

Il colpo d’occhio era (e resta) spettacolare. Il velario vitreo del Beltrami avrebbe dovuto essere inizialmente sormontato da una cupola simile a quella del Pantheon, poi mai realizzata perché richiamava troppo le chiese in un tempo in cui per i cattolici vigeva ancora il ‘non expedit’. La decorazione è austera e notevole: non solo per le boiserie liberty ma anche per il fregio del Sartorio (che gira per 110 metri quadri intorno all’Aula raffigurando la storia d’Italia con 285 figure gigantesche di uomini ed animali su 450 metri di tela), e per il pannello bronzeo del Calandra “La glorificazione della dinastia sabauda” posto sopra il banco della presidenza.

L’Aula Basile, domani impavesata di Tricolori per una cerimonia commemorativa con il presidente Mattarella, è per l’Italia il simbolo della democrazia. L’icona del ‘Palazzo’ che il Movimento Cinque Stelle nella sua prima campagna elettorale minacciava di aprire “come una scatoletta di tonno”. “La conquista della democrazia, per il nostro Paese, non va mai data per scontata ma va rispettata e tutelata ogni giorno. E la Camera è per me il luogo dove si esplica la funzione democratica nel nome del Popolo italiano”, riflette sulle colonne del ‘Corriere della Sera’ il presidente Roberto Fico.

L’Aula è stata, nel bene e nel male, il palcoscenico di tutti i momenti topici di un intero secolo, di battaglie politiche non di rado sfociate in ‘tumulti’ con calci e pugni, ed il seggio elettorale di tutti i presidenti della Repubblica italiana. Solo pochi anni dopo l’inaugurazione, con l’avvento del fascismo vi sono risuonate le parole di Mussolini che minacciava di trasformarla in un “bivacco di manipoli”.

Dopo la Seconda guerra mondiale, qui i politici di un Paese piagato ed offeso dalla dittatura e dalle bombe davano vita alla Repubblica ed alla democrazia e approvavano le leggi che sarebbero state il motore del ‘miracolo economico’. Qui sono giunte notizie terribili: come quella del rapimento di Aldo Moro (catturato dalle Br proprio mentre si recava in quell’Aula a votare la fiducia ad un nuovo governo) e quella della strage di Capaci (arrivata mentre deputati e senatori non riuscivano ad eleggere un nuovo presidente della Repubblica).

E in quell’Emiciclo risuonano ancora le parole sul ‘sistema’ di Bettino Craxi durante Tangentopoli, come le urla dei deputati leghisti quando nel 1993 Luca Leoni Orsenigo sventolò un cappio. Ma anche i richiami di Giovanni Paolo II nella sua una storica visita al Parlamento italiano.

(di Francesco Bongarrà/ANSA)

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