Rigopiano: l’hotel non doveva stare lì, 25 verso processo

Rigopiano, le macerie dopo la valanga.
Rigopiano: l'hotel non doveva stare lì.

PESCARA. – La procura di Pescara ha chiuso le indagini sulla tragedia di Rigopiano e notificato gli atti a 25 soggetti, 24 persone e una società, per la valanga del 18 gennaio 2017. Le vittime furono 29, undici i superstiti: i pm hanno chiesto l’archiviazione per altri 15 indagati, tra i quali i presidenti di Regione, da Del Turco a D’Alfonso, e gli assessori alla protezione civile.

Restano nel processo l’ex Prefetto Francesco Provolo, l’ex presidente della Provincia Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola (Pescara) Ilario Lacchetta, dirigenti Prefettura e Regione. Sette i reati ipotizzati: disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d’atti d’ufficio, abuso in atti d’ufficio e altri vari reati ambientali.

La Procura fa intendere chiaramente quali siano le responsabilità principali: a processo chi nel passato ha permesso la costruzione del resort in una zona ad alto rischio valanghe, pericolo non emerso dai documenti per responsabilità omissive di vari soggetti, regionali e comunali. Permessi edilizi, violazioni ambientali e normative: se tutto fosse stato rispettato il Comune non avrebbe mai potuto dare i permessi edilizi per la ristrutturazione del vecchio hotel e la realizzazione del resort. E per di più, proprio perché la struttura inserita in una zona ad alto rischio, d’inverno l’impianto non doveva essere aperto e doveva essere evacuato.

La tragedia avrebbe quindi una responsabilità più datata nel tempo rispetto ai fatti del 18 gennaio: ciascuno degli imputati omettevano di adoperarsi per “l’adozione di un Piano Regolatore Generale che laddove emanato avrebbe di necessità individuato nella località di Rigopiano un sito esposto a forte pericolo di valanghe”, e che il Piano Emergenze del Comune era “totalmente silente in punto di pericolo di valanghe”, quindi “si determinavano le condizioni per cui conseguiva il rilascio del permessi di costruire del Comune di Farindola”.

Tutto questo in presenza di pressioni evidenti dei padroni della struttura che “istigavano” le violazioni di legge per procurarsi “ingiusto vantaggio patrimoniale… conseguente alla maggiore attrattiva derivante dalla ristrutturazione dell’albergo e dalla successiva realizzazione del centro benessere”, rapporto confermato da sms tra proprietà che chiedeva la pulizia della strada e sindaco che si attiva con la provincia per farlo.

Si legge anche che il centro benessere dell’Hotel infatti ”opportunamente pubblicizzato diveniva la principale attrattiva per il soggiorno in pieno inverno e con forti nevicate”. Quindi dall’esistenza del Centro Benessere derivava “l’impegno imprenditoriale a tenerlo aperto ed accessibile (anche per le autovetture) in pieno inverno”. E’ il punto chiave dell’indagine: prima ancora delle presunte responsabilità nei soccorsi o dei ritardi. Pronte le reazioni dei familiari.

“La procura di Pescara ha fatto un ottimo lavoro, sono soddisfatto ma non del tutto” afferma Giampaolo Matrone che nell’hotel travolto dalla valanga ha perso la moglie Valentina. “Mi sorprende e mi amareggia, infatti, che tra i destinatari degli avvisi non figuri l’allora presidente della regione Abruzzo Luciano D’Alfonso”. Sulla stessa linea Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle vittime della tragedia: “Andremo a vedere le carte – afferma – e verificheremo se ci sono spiragli per opporci alla richiesta di archiviazione. In ogni caso, indipendentemente dalle eventuali responsabilità dirette, noi da D’Alfonso abbiamo sempre voluto e continuiamo a volere risposte che lui si è rifiutato di darci”.

(di Luca Prosperi/ANSA)