Monito Mattarella sui conti. Tensione tra Roma e l’Europa

Il premier Giuseppe Conte e Jean Claude Juncker. Manovra
Il premier Giuseppe Conte e Jean Claude Juncker. (ANSA)

ROMA. – Giuseppe Conte si presenterà al nuovo incontro con Jean-Claude Juncker e Pierre Moscovici, a margine del G20 di Buenos Aires, con in dote la disponibilità a tagliare lo 0,2% di deficit in manovra. Ma l’Europa sembra volere di più: un taglio almeno dello 0,4%, oltre 7 miliardi, per arrivare al 2% di deficit. Fin lì per ora Conte però non riesce a spingersi anche perché Matteo Salvini e Luigi Di Maio non sembrano disposti a concederlo. Anzi, continuano a opporre resistenza alla dichiarazione di ‘disarmo’ che darebbe concretezza alla trattativa: rinviare “quota 100” e reddito di cittadinanza.

E così il percorso parlamentare della manovra è ancora fermo: le modifiche ‘vere’ potrebbero arrivare solo a metà dicembre. Che il momento sia delicato, lo segnala anche il presidente della Fed Jerome Powell: le trattative sulla manovra italiana, dice, sono tra “le fonti di rischio che possono innescare stress in qualsiasi momento” sui mercati. Per il momento lo spread si tiene basso, a 290 punti.

Ma a dare forza ai dialoganti nel governo, arriva un nuovo monito di Sergio Mattarella. Citando la Corte costituzionale, il presidente ricorda che “il bilancio è un bene pubblico”. E aggiunge che “l’equilibrio di bilancio” implica “la continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per le finalità pubbliche”. Anche perché “senza finanze solide e stabili” non si può “tutelare” i deboli, garantendo “i diritti sociali in modo efficace”, con “equità intergenerazionale”.

La povertà “è aumentata in modo insopportabile” con la crisi economica iniziata nel 2008, osserva anche Giovanni Tria. Manca ancora una “stabilizzazione economica e sociale”, aggiunge il ministro dell’Economia, che infiamma l’Aula del Senato quando dice di “non accettare lezioni” dai governi di centrosinistra che “hanno aumentato la spesa per finanziare i tanti bonus”. Ora bisogna cambiare la manovra e rientrare nel solco dei parametri europei, perché – spiega – l’aumento dello spread unito a una procedura d’infrazione farebbe aumentare il costo di finanziamento del debito.

“Ce la metteremo tutta per essere responsabili”, gli fa eco il vicepremier Luigi Di Maio. Ma il percorso è ancora lungo. Nel pomeriggio, prima della partenza di Conte per l’Argentina, l’annuncio pentastellato di un nuovo vertice sulla manovra irrita Salvini. Il ministro dice di non saperne nulla, la Lega spiega che non si parla di legge di bilancio e in serata fonti di governo M5s-Lega fanno sapere che la riunione si sarebbe concentrata sulla legge europea, che divide su tanti punti i due partiti alleati.

Ma le tensioni sulla manovra ci sono e non vengono nascoste. Dal taglio delle pensioni d’oro, che Di Maio rilancia e la Lega nega, a “quota 100”, che il partito di Salvini vuole inserire con un emendamento in manovra e M5s vorrebbe varare in un decreto con il reddito di cittadinanza, per evitare “tranelli”. Un ridimensionamento dei costi di “quota 100” e un rinvio del reddito di cittadinanza viene considerato inevitabile nel governo.

Ma, spiegano fonti ‘dialoganti’, Salvini e Di Maio aspettano il disco verde della trattativa per decidere chi – e come – debba mollare per primo sulle misure. Solo se Conte dirà che Juncker (e Moscovici, vero interlocutore) aprono al taglio dello 0,2%, si perfezionerà il pacchetto di emendamenti in tempo per il voto in Aula alla Camera, la prossima settimana. Altrimenti le modifiche ‘vere’ al testo arriveranno solo in seconda lettura al Senato, a metà dicembre. In ogni caso, l’iter parlamentare della legge di bilancio è in gran ritardo.

Visto il clima, Conte risponde stizzito, in conferenza stampa prima della sua partenza per il G20, al commissario Valdis Dombrovskis che il taglio dello 0,2% di deficit non basta ad evitare la procedura d’infrazione, perché serve una “correzione considerevole, non marginale”. Il premier italiano replica che se Dombrovskis ha le sue “certezze”, il suo interlocutore è Juncker. Punto. Al dialogo tra i due guarda l’intero governo.

(di Serenella Mattera/ANSA)