Papa Francesco: “Vendere i beni della Chiesa se occorre aiutare i poveri”

Papa Francesco a pranzo con 1.500 bisognosi
In una foto d'archivio Papa Francesco a pranzo con 1.500 bisognosi

CITTA’ DEL VATICANO. – Vendere un chiesa che è rimasta vuota e inutilizzata? E’ possibile, dice il Papa. Non deve essere questa la prima e unica opzione e soprattutto l’obiettivo deve essere quello di aiutare i poveri. Fermo restando “il dovere di tutela e conservazione dei beni della Chiesa, e in particolare dei beni culturali”, essi “non hanno un valore assoluto, ma in caso di necessità devono servire al maggior bene dell’essere umano e specialmente al servizio dei poveri”.

Tuttavia la “dismissione non deve essere la prima e unica soluzione”. Sulle chiese vuote il Papa dice: è “un segno dei tempi che ci invita a una riflessione”. In Italia sono tra le 600 e le 700 le chiese dismesse e destinate ora ad altri usi. È il dato emerso in occasione del convegno alla pontificia università Gregoriana “Dio non abita più qui? Dismissione di luoghi di culto e gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici”.

Il Papa, proprio inviando un suo messaggio ai partecipanti di questo appuntamento, ha sottolineato che “l’edificazione di una chiesa o la sua nuova destinazione non sono operazioni trattabili solo sotto il profilo tecnico o economico”. Per Papa Francesco “la constatazione che molte chiese, fino a pochi anni fa necessarie, ora non lo sono più, per mancanza di fedeli e di clero, o per una diversa distribuzione della popolazione nelle città e nelle zone rurali, va accolta nella Chiesa non con ansia, ma come un segno dei tempi che ci invita a una riflessione e ci impone un adattamento”.

Ma no alla vendita a tutti i costi, avverte Bergoglio che chiede ai vescovi decisioni che non provochino lo “scandalo dei fedeli”. Don Valerio Pennasso, direttore dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Cei, non vede di buon occhio i ticket di ingresso per salvare gli immobili ecclesiastici da eventuali dismissioni. Ma apre le porte ad usi anche particolari: “Convertire una chiesa in discoteca? Dipende che tipo di discoteca, fosse in parrocchia per una festa di compleanno dei miei ragazzi anche un edificio che non è più destinato al culto ci starebbe perché è lo stile dell’approccio che può essere approvato”.

No però ad officine, ristoranti, pub, night club, centri estetici e neanche abitazioni civili. Queste le indicazioni della Segnatura Apostolica. Il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, chiude le porta anche alla trasformazione delle chiese in location per matrimoni civili: “è inopportuno – sottolinea – vanno evitate confusioni”.

(di Manuela Tulli/ANSA)

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