India: contadini allo stremo, in centomila in marcia a Delhi

India, contadini in marcia.
India, contadini in marcia. Mobilitazione senza precedenti,con loro i partiti di opposizione

NEW DELHI.- Molti non erano mai stati nella capitale e nemmeno in una città così grande, molte donne non avevano mai lasciato il villaggio: tra loro una babele di lingue. Sono arrivati ieri da almeno 20 diversi Stati dell’India e hanno passato la notte accampati sotto un tendone sterminato nella distesa di Ramlila Maidan gli oltre centomila agricoltori indiani che oggi hanno invaso Delhi, dando vita all’impressionante Kisan Mukti March, la marcia dei contadini indetta dal AIKSCC, l’organizzazione che riunisce oltre duecento associazioni e sindacati agrari di tutto il Paese.

In molti casi non riuscivano neppure intendersi, per la varietà delle lingue del Paese: ma i canti e i balli, le rappresentazioni teatrali che li hanno intrattenuti questa notte sulla Ramlila Maidan, li hanno uniti, come li unisce l’identico male di vivere di un lavoro faticoso e poco remunerativo. I centomila hanno marciato verso il cuore di Delhi fino a Parliament Street, il viale che costeggia la sede dell’assemblea legislativa indiana, dando vita a un fiume multicolore: i contadini del Punjab e dell’Haryana, prevalentemente sikh, altissimi, con i loro turbanti verde smeraldo, le donne del Maharastra, dagli abiti coloratissimi; i gruppi di rigorosa osservanza ghandiana in bianco; quelli del Kerala sotto un mare di bandiere rosse con la falce e il martello; i membri delle tribù del Tamil Nadu, seminudi, che mostravano ossa e teschi degli amici suicidati per l’incapacità di fare fronte ai debiti.

Una cinquantina di donne, arrivate dal Telangana dopo 30 ore di viaggio in treno, reggevano le foto dei mariti, o dei padri, suicidatisi per il peso dei debiti. “Mio padre era disperato, aveva preso la terra in affitto e non sapeva più come fare, un anno fa ha ingerito il veleno, e l’abbiamo trovato morto sotto un albero. Sono qui per ricordarlo”, dice Durgam Kaliani, diciotto anni compiuti da poco.

Secondo l’AIKSCC almeno 300 mila contadini si siano suicidati in India tra il 1995 e il 2016. In questo Paese dall’economia in costante crescita, per l’agricoltura gli anni recenti sono stati durissimi, e il governo Modi non ha rispettato gli impegni presi quattro anni fa, quando molti lavoratori della terra credettero alle sue promesse in campagna elettorale. Alla crisi dei prezzi sul mercato si abbinano i costi ormai proibitivi del gasolio, e dei fertilizzanti, e, in molte zone del Paese, i danni causati dal cambiamento climatico.

Ecco allora le richieste della marcia, molto precise, spiegate dagli organizzatori: una sessione speciale del Parlamento, che in tre settimane discuta la situazione dell’agricoltura e prenda provvedimenti; la cancellazione una tantum dei debiti, e l’aumento dei prezzi minimi dei prodotti sul mercato, che non viene compensato adeguatamente dal contributo dato, anche se in moltissimi casi non arriva, dallo Stato.

Ma i problemi non finiscono qui, aggiunge P. Sainath, fondatore dell’Archivio dell’India Rurale: “Ci sono molti diritti da acquisire, per le donne, che in molti Stati non possono essere proprietarie della terra, per i mezzadri, sempre a rischio di essere cacciati di casa se non pagano l’affitto, e per le tribù, che non hanno ancora il pieno diritto sulle foreste che curano da secoli”.

I manifestanti sono stati raggiunti, anche da Raul Gandhi, che ha sposato la causa dei contadini come uno dei temi portanti della battaglia elettorale del Congresso, l’ex governatore del Jammu&Kasmhir Farooq Abdullah, e il governatore di Delhi, Arvind Kejriwal, che ha mediato con la polizia tutta notte per ottenere che la manifestazione potesse avvicinarsi al Parlamento e molti altri esponenti dei partiti all’opposizione. La protagonista della marcia, tuttavia, non è stata oggi la politica dei partiti: è stata la quasi metà dell’India che vive di stenti nelle campagne.

(di Rita Cenni/ANSA)

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