Governo in difficoltà, Opposizione divisa

Il presidente della Repubblica, Nicolàs Maduro, ha annunciato l’ennesimo aumento dei salari. Ma il provvedimento non frena l’iper-inflazione. L’Opposizione ancora senza una vera proposta di governo

In un vicolo cieco dal quale non riesce ad uscire. L’iper-inflazione continua a distruggere il potere d’acquisto dei venezuelani. Il presidente della Repubblica, Nicolás Maduro, ne è cosciente. Lo sono anche i ministri responsabili di disegnare le politiche economiche. Ma per frenare la corsa dei prezzi sono necessari disciplina fiscale e provvedimenti impopolari. In altre parole, un colpo di timone e chiedere alle famiglie, già stremate dalla prolungata crisi economica, ulteriori sacrifici.
Il governo, di fronte alle crescenti difficoltà, ha deciso di aumentare nuovamente il salario minimo. Ma il suo incremento, di per sé, non è sufficiente; come non lo è stato in passato.
Il salario minimo era stato aumentato appena tre mesi fa. Il governo del presidente Maduro, con una decisione senza precedenti, ne aveva deciso l’incremento del 3000 per cento ed eliminato nell’amministrazione pubblica – autorizzando di riflesso le aziende private a fare altrettanto – la scala salariale. In altre parole, aveva cancellato dal calcolo salariale ogni altra variabile. Quindi, meritocrazia, anni di servizio, graduatorie e titoli di studio e di formazione non hanno più alcun valore.

Ora il governo, per arginare il crescente malcontento delle famiglie e la perdita del loro potere d’acquisto, ha stabilito un nuovo aumento del 150 per cento del salario minimo. Lo ha portato da 1800 bs.S. a 4800. E’ questa una decisione che riconosce l’esistenza dell’iper-inflazione ma non la frena. Anzi, in questo coincidono gli economisti, la alimenta. Insomma, è come voler spegnere il fuoco gettandovi legna. L’incremento dei salari, anche se necessario, non risolverà il problema di fondo.
L’inflazione, anche su questo coincidono gli analisti, è il prodotto del caos nei conti pubblici e della mancanza di disciplina fiscale. E’ il risultato della “monetizzazione” dell’economia con la complicità della Banca Centrale.
Il governo, a questo punto, dovrebbe riconoscere il fallimento del progetto “chavista” e orientare diversamente le proprie politiche economiche. Ad esempio, ridimensionare lo Stato imprenditore e sviluppare il settore industriale privato aiutandolo ad essere competitivo sul mercato internazionale.
Negli ultimi vent’anni, i governi “chavistas”, nonostante gli introiti ricevuti dalla vendita del petrolio, non sono riusciti a creare benessere, fonti di lavoro e una struttura produttiva competitiva nei mercati internazionali. Anche “Petróleo de Venezuela”, che era il fiore all’occhiello del Paese, oggi vive una profonda crisi dovuta alla carenza d’investimenti nell’ammodernamento e manutenzione delle proprie infrastrutture. Non pare, poi, che l’industria espropriata goda di ottima salute. Anzi…
Il messaggio populista continua ad essere lo stesso. Ma non lo è la reazione della popolazione. A dimostrarlo sono le continue manifestazioni di protesta represse sul nascere con l’uso della violenza. Non sono grandi proteste ma piccole manifestazioni di malcontento. Sorgono spontanee qua e là, specialmente nei quartieri più poveri; anche in quelli in cui ancora si continua a credere nel modello che la propaganda di Stato mostra come l’unico capace di creare benessere.
L’ “Osservatorio Venezolano della Conflittualità Sociale” ha registrato, solo nel primo semestre del 2018, ben 5.315 proteste in tutto il Venezuela. E alla fine dell’anno la cifra potrebbe duplicarsi. Sempre secondo l’“Osservatorio”, ogni giorno il Paese è scosso da oltre 30 manifestazioni di malcontento, 8 su 10 a sfondo sociale. Si protesta per la carenza di trasporto pubblico; per la mancanza di elettricità, acqua e gas; per l’inefficienza del sistema di salute, per l’insicurezza crescente, ecc. ecc.
La crisi economica, e tutti i problemi che da essa derivano, ha colpito fortemente la popolarità del governo dentro e fuori il Paese. È, questo, un momento di profonda debolezza del presidente della Repubblica; debolezza che l’Opposizione, impegnata a non affogare nei propri problemi, non riesce a sfruttare.


L’arcipelago di partiti, partitini, movimenti politici grandi e piccoli che costituiscono l’Opposizione, continua immerso in una profonda divisione. Gli sforzi delle correnti moderate per trovare coincidenze e costruire una proposta che permetta di presentarsi come alternativa al “chavismo” sono contrastati dalle frange radicali che rifiutano ogni compromesso senza suggerire alternative.
La costruzione di un’Opposizione forte, capace di sfidare il potere e di sconfiggerlo attraverso gli strumenti previsti nella Costituzione è sempre l’unica via percorribile. Le scorciatoie, in politica, riservano troppo spesso brutte sorprese. L’analisi del “Fronte Ampio Venezuela Libera” rispecchia la realtà di un’opposizione sempre più debole e in cerca di un “leader”, di un nuovo “caudillo”, di una figura carismatica come lo è stata quella dell’estinto presidente Chávez. Ignora, o finge di ignorare, che, almeno per il momento, deve archiviare brama di potere, invidia e gelosie per creare le condizioni necessarie per una svolta democratica. Sono i presupposti senza i quali non si potrà avanzare lungo il cammino del benessere.

Mauro Bafile