Opec: addio Qatar segnala crepe, dubbi su intesa a Vienna

Khaled al-Otaiby, un ufficiale della Aramco, guarda l'estrazione di petrolio. Opec
Khaled al-Otaiby, un ufficiale della Aramco, guarda l'estrazione di petrolio. (ANSA/AP Photo/John Moore)

ROMA. – Anche l’Opec rischia di implodere, e la ‘Qatarexit’, l’addio del Qatar al cartello petrolifero, mette a nudo le crepe che da anni si accumulavano sottotraccia. Tanto che, a due giorni dal meeting a Vienna dal quale ci si attende un taglio alla produzione che però non è scontato, ci s’interroga su chi potrebbe essere il prossimo a uscire.

“È prematuro dire cosa accadrà” nella riunione a Vienna del 6 dicembre, ha detto  il ministro saudita dell’Energia Khalid Al-Falih: c’è bisogno di un confronto con gli altri produttori “sulla domanda e l’offerta e le proiezioni di produzione dei loro Paesi” e quindi è ancora da definire l’entità di un eventuale taglio. “Dobbiamo capire cosa deve essere fatto e di quanto”.

Una doccia fredda sugli investitori che ha spento il rally che le quotazioni del greggio avevano cavalcato sulle attese di un intesa fra l’Opec e la Russia per una mossa energica tesa a sostenere i prezzi: almeno 1,3 milioni di barili al giorno secondo anticipazioni della Reuters. Dopo un balzo di oltre il 3% stamani, il petrolio Wti guadagna appena lo 0,53% a 53,23 dollari, il Brent lo 0,78% a 62,17 dollari.

Tacciono gli altri membri del Cartello: ci sono le linee generali di un accordo ma i dettagli restano da definire e il problema è principalmente chi dovrà sobbarcarsi i maggiori tagli alla produzione, rischiando di regalare agli altri il beneficio del rialzo del prezzo.

Pesa più che mai la pressione degli Stati Uniti, con i tweet infiammati di Donald Trump contro un rialzo dei prezzi: l’Arabia Saudita – il cui principe ereditario Mohammed Bin Salman è infangato dall’assassinio del giornalista Jamal Khasshoggi – più che mai non può mettersi contro la Casa Bianca. Ecco, dunque, che un taglio efficace per sostenere i prezzi potrebbe sfumare.

Un possibile escamotage potrebbe essere un taglio senza chiamarlo per quello che è rischiando di adirare Trump: ad esempio annunciando vagamente una minor produzione e motivandola con una minor domanda da parte del mercato. L’accordo al G20 di Buenos Aires fra Vladimir Putin e il saudita ‘Mps’ fa escludere uno scenario da ritorno alla guerra dei prezzi, quella che partì negli anni scorsi con i sauditi intenti a pompare greggio a più non posso e disposti a far crollare le quotazioni a 27 dollari pur di contrastare i produttori di shale americani.

Ma di certo, schiacciati fra i pezzi da novanta Arabia Saudita, Russia e Usa, altri membri minori del Cartello stanno contemplando di seguire la via scelta dal Qatar: lasciare un’organizzazione sempre meno influente, di fatto facendo contenta la Casa Bianca di Trump che nel cartello non vede nulla di buono.

Persino l’Arabia Saudita, indiscusso ‘dominus’ dell’Opec, starebbe (secondo il Wall Street Journal) studiando l’impatto che rottura del Cartello avrebbe sui prezzi. L’addio del Qatar è “il segnale di una crisi interna all’Organizzazione che da più tempo era ufficiosamente presente e che oggi, inizia la resa dei conti”, ha detto il presidente FederPetroli Italia Michele Marsiglia. “Il Qatar non sarà l’unico ad abbandonare l’Opec, ma presto assisteremo ad una totale riorganizzazione delle quote di mercato e delle politiche petrolifere mondiali”.

(di Domenico Conti/ANSA)