“Hezbollah terroristi”, polemica su Salvini in Israele

Un momento della visita ufficiale in Israele del ministro degli Interni, Matteo Salvini.
Un momento della visita ufficiale in Israele del ministro degli Interni, Matteo Salvini.

TEL AVIV. – L’incidente diplomatico arriva alla prima tappa del viaggio di Matteo Salvini in Israele. Il ministro annuncia via Twitter la visita ai tunnel scavati da Hezbollah per raggiungere Israele e definisce senza mezzi termini i componenti del movimento sciita libanese in toto “terroristi”. Poi sale sull’elicottero che lo porta a Gerusalemme per incontrare monsignor Pizzaballa, ma intanto a Roma si scatena la polemica.

A far filtrare “preoccupazione e imbarazzo” per le parole del leader della Lega è il ministero della Difesa guidato dalla cinquestelle Elisabetta Trenta, che sottolinea come “tali dichiarazioni mettano in evidente difficoltà i nostri uomini impegnati proprio a Sud nella missione Unifil, lungo la blue line”. Un fuoco amico che da un lato mette in evidenza le frizioni all’interno del governo sulla scia del caso del tesoriere della Lega Centemero, ma dall’altro sottolinea tutta la preoccupazione per i militari impegnati in Libano.

La missione, guidata da agosto dall’italiano Stefano Del Col, è infatti riconosciuta proprio per il suo ruolo super partes. “Vicini a Israele e al popolo libanese”, sottolinea la Difesa, augurandosi evidentemente un passo indietro di Salvini che però non arriva. Anzi. Il ministro dell’Interno, come sempre, tira dritto e in conferenza stampa torna all’attacco: “Non capisco lo stupore per la definizione di Hezbollah come terroristi islamici. Se si scavano tunnel sotterranei a decine di metri che sconfinano nel territorio israeliano, non penso si faccia per andare a fare la spesa”.

A questo punto è Di Maio a intervenire. La prima stoccata è sui fondi della Lega (“Deve tornare da dove sta” lo incontrerò e “gli chiederò chiarimenti”), la seconda è sull’Unifil e va a toccare uno dei temi più cari al leader della Lega: il sostegno alle forze dell’ordine. “L’Unifil è una delle missioni di pace più importanti nel mondo – dice il vicepremier – per noi del M5s un modello super partes. Quello che si doveva dire lo ha detto il ministero della Difesa, io mando un grande abbraccio ai nostri militari e gli dico di tenere duro e andare avanti”.

Toni ‘salviniani’ per sottolineare un errore di Salvini. Che davanti ai giornalisti rinnova stima e “orgoglio per il lavoro dei nostri militari”, ma torna anche a ribadire: “A casa mia i terroristi si chiamano terroristi”, “ci sono sentenze al livello europeo” che lo confermano. In realtà l’Unione europea ha messo nel 2012 nella lista nera dei terroristi l’ala militare di Hezbollah. Una distinzione non da poco, se si considerano i finanziamenti in cooperazione e aiuti per il governo libanese, del quale fanno parte anche ministri di Hezbollah, garantiti dai 27, Italia compresa.

E i rischi che comunque il contingente italiano continua a correre (solo una settimana fa è stato trovato un tunnel a pochi metri dalla postazione Unifil), bilanciati dalle garanzie fornite, appunto, dal loro ruolo “super partes”. Parole che diventano un mantra, ripetuto anche dal portavoce della forza di interposizione delle Nazioni Unite nel sud del Libano, Andrea Tenenti.

Come missione dell’Onu, l’Unifil “è super partes”, ripete all’ANSA, precisando che non intende commentare “le posizioni politiche espresse dai governi dei Paesi”. Di certo Salvini non è il primo politico a finire al centro delle polemiche durante una missione in una regione dagli equilibri da sempre molto delicati. Prima di lui finì nella bufera Massimo D’Alema, per una passeggiata, da ministro degli Esteri in visita a Beirut nel 2006, a braccetto con il deputato Hezbollah Hussein Haji Hassan.

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