Volano i consumi di petrolio, superata la soglia di 100 milioni di barili

Barili di petrolio controllati da un operaio.
Petrolio, strapotere Usa, record produzione.

ROMA. – Una volta era un arabo che perforava le sabbie del deserto, ormai è un americano che spacca le rocce. E’ il nuovo identikit del produttore di petrolio, così come emerge dal preconsuntivo dell’Unione petrolifera del 2018, che certifica lo strapotere degli Stati Uniti con il loro shale oil, risorsa indispensabile per soddisfare un mondo assetato di greggio in cui per la prima volta nella storia è stata superata la soglia psicologica di 100 milioni di barili dal lato della domanda.

In questo scenario, che ha visto tra l’altro il prezzo tornare sopra i 70 dollari, la ‘piccola’ Italia subisce la sua carenza di materie prime e archivia una fattura energetica in rialzo a oltre 40 miliardi di euro e una petrolifera in aumento a 21 miliardi.

La fotografia del mercato internazionale del greggio scattata dal ricco rapporto dell’Up mostra una domanda mondiale in crescita dell’1,3% a 99,2 milioni di barili al giorno: il picco si è registrato ad agosto, con oltre 101 milioni di barili. Determinante, come ormai da parecchi anni a questa parte, è stato il contributo della Cina e in generale dei Paesi non Ocse, che rappresentano ormai il 52% dei consumi totali.

A soddisfare questa sete di petrolio sono stati anche quest’anno soprattutto gli Stati Uniti: con un volume totale di 15,4 milioni di barili al giorno, quasi l’equivalente della produzione di Arabia Saudita, Iraq ed Ecuador messe insieme, gli Usa registrano un record storico (+16%) e consolidano la prima posizione, già acquisita da qualche anno, tra i Paesi produttori.

Non solo: l’incremento americano, pari a 2,1 milioni di barili al giorno, copre quasi per intero la crescita della produzione mondiale (2,3 milioni di barili). Rispetto al 2010, quindi in soli otto anni, con lo sviluppo dello shale oil gli Usa hanno praticamente raddoppiato i loro volumi (+97%) a fronte del +11% della Russia e dei Paesi Opec.

Malgrado la domanda sostenuta e l’aumento dei prezzi (+33%), però, gli investimenti delle compagnie nel settore esplorazione e produzione, scesi al lumicino con la crisi degli ultimi anni, crescono appena del 4% a 405 miliardi di dollari. Siamo dunque “ben lontani” dal picco di 683 miliardi del 2014 (-41%).

Guardando all’Italia, infine, per il 2018 l’Up stima una fattura energetica, vale a dire il costo che sostiene il sistema Italia per approvvigionarsi all’estero, sui 40,2 miliardi di euro, in crescita del 15,8% e una fattura petrolifera a circa 21 miliardi, in aumento del 20%, ma ancora inferiore di quasi 13 miliardi rispetto al 2012. Per il 2019, considerando una media del prezzo del petrolio a 70 dollari al barile, a parità di consumi e a cambi costanti, la fattura petrolifera è stimata a 22,6 miliardi e quella energetica a 42,3 miliardi.

(di Francesca Paggio/ANSA)