Leader Ue in aiuto a May, ma intesa su Brexit non si tocca

Il Primo Ministro Theresa durante una riunione al consiglio d'Europa. Brexit
Il Primo Ministro Theresa durante una riunione al consiglio d'Europa. EPA/OLIVIER HOSLET

BRUXELLES. – Theresa May, ancora in sella, ma indebolita dalle trame e gli intrighi a Westminster, arriva al vertice europeo con l’obiettivo di prendere tempo a Londra, sperando nella complicità dei 27 leader Ue, che si presentano all’appuntamento attrezzati di buona volontà ad aiutarla(anche se con sfumature diverse), ma decisi a non rimettere mano all’accordo di divorzio.

Ai partner europei la premier britannica vuole strappare l’impegno ad aprire un dialogo per ottenere “rassicurazioni politiche e legali”, che le permettano di ‘vendere’ l’intesa sulla Brexit, alla Camera dei comuni, dove continua a non avere una maggioranza per la ratifica. Intanto al Parlamento britannico May vuole rimandare il più possibile la data del voto, spingerla verso il ‘cul de sac’ del 21 gennaio, data limite, oltre la quale, in mancanza di un verdetto – in base ad una clausola britannica – scatterà automaticamente la hard Brexit.

In prossimità di quel paletto, il panorama degli scenari possibili si restringerà ad un aut-aut tra l’ok al ‘deal’ e quello di un’uscita traumatica del Regno Unito dall’Ue. “Non mi aspetto una svolta immediata, ma l’avvio di un percorso”. Così la premier britannica suggerisce la sua strategia entrando al summit, dove l’attende una lunga sessione di domande.

I leader Ue, dal francese Emmanuel Macron all’austriaco Sebastian Kurz, dal danese Lars Lokke Rasmussen al romeno Klaus Iohannis, chiedono chiarimenti sulle necessità della premier, ribadendo con voce unica quello che ormai è chiaro da giorni: “l’accordo non si tocca, il negoziato non può essere riaperto”, ma c’è la “voglia di aiutare”.

“C’è margine” per lavorare, tranquillizzano i presidenti di Consiglio e Commissione europea Donald Tusk e Jean Claude Juncker, mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel indica la possibilità “di offrire ulteriori garanzie”. Ma il premier finlandese Juha Sipila mette in guardia: trovare una formula “legalmente vincolante sarà un po’ difficile”. Se il capo dell’Eliseo lascia trasparire una certa impazienza, tra i 27, è soprattutto il premier irlandese Leo Varadkar il più preoccupato: oltre a temere che la solidarietà dei partner possa scricchiolare, ritiene che le richieste dell’inquilina di Downing street siano “difficili”.

Il casus belli resta sempre il cosiddetto ‘backstop’, il meccanismo di garanzia per frontiere aperte sull’isola d’Irlanda, in cui il Regno Unito teme di restare intrappolato, e per il quale Westminster pretende rassicurazioni. In un tentativo di fare un’operazione di “demistificazione”, come la definisce il premier olandese Mark Rutte, i leader Ue mettono insieme un testo in cui si chiarisce che “il backstop non rappresenta il risultato preferito per l’Unione, ma è solo una garanzia.

“E’ ferma determinazione lavorare velocemente”, scrivono, per stabilire “entro il 31 dicembre 2020” una nuova intesa sulle relazioni future, “in modo che il meccanismo non sia attivato”, scrivono. E ancora: “se mai dovesse entrare in vigore, “sarà solo una misura temporanea”, “fino a quando sarà strettamente necessario”, scrivono nero su bianco. Ma i 27 sembrano disposti ad andare anche oltre – passare ad una seconda fase, più in là nel tempo, a gennaio – per offrire altre rassicurazioni”, purché non alterino il Trattato di divorzio, seguendo così lady May nella strategia dell’azzardo di un posticipo ad oltranza.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

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