“L’Anno del Sovranismo” – Analisi politica del 2018

Il sovranismo, dottrina politica tendente a riaffermare la sovranità nazionale contro la cessione dei poteri alle istituzioni sovranazionali, potrebbe provocare la fine, definitiva, del sogno europeo. FOTO ILSOLE24ORE

Il 2018 si è appena concluso. In Italia, l’ultimo “sospiro politico” si è avuto con l’approvazione della Manovra del Popolo, la legge di bilancio del Governo Conte, la quale avrà delle conseguenze importanti sul futuro del popolo italiano. I cavalli di battaglia dell’esecutivo, reddito di cittadinanza e quota cento, dovranno necessariamente soddisfare l’elettorato dei due partiti, il quale, in caso contrario, non esiterà a mostrare interesse verso i fomentatori delle opposizioni.

Il Governo italiano, dopo l’approvazione della legge di bilancio, sarà chiamato ad un 2019 da assoluto protagonista, nel bene e nel male. La “vittoria” ottenuta a Bruxelles, contro la matrigna Europa, non dovrà trasformarsi in una vittoria pirrica. I provvedimenti che dovranno necessariamente vedere la luce quest’anno, dovranno, a sua volta, rimettere in piedi la macchina produttiva, economica e commerciale italiana. Il 2019, sarà, quello che, gergalmente, potremmo chiamare “anno della verità”, per l’Italia e soprattutto per il Governo Conte.

Ma l’anno appena concluso, non è stato importante soltanto per il nostro Paese, anche il resto del mondo ha potuto assistere a dei radicali cambiamenti economici e politici. Il Brasile, ad esempio, con la vittoria di Jair Bolsonaro, ha consegnato le redini politiche alla destra; la Svezia ha potuto conoscere la pervasività delle idee politiche “estreme”, contenute nel programma dei “Democratici Svedesi”, i quali stanno creando non pochi problemi alla formazione del Governo; la Francia di Macron, ai minimi storici, ha dovuto trattare con i Gilet Gialli, simbolo del fallimento del turbo-capitalismo, estremo e pericoloso, il quale, appare come un gigante costretto a correre per non cadere ma che schiaccia tutto ciò che trova sotto i suoi piedi. 

La situazione europea, politicamente, appare molto diversa e più controversa rispetto all’anno precedente. Il 2019 si apre con ben poche certezze per i “grandi” partiti: la CDU di Angela Merkel, per governare, è dovuta scendere a patti con l’estrema destra di AfD, inaffidabili e molto scettici nei confronti della ventennale leader cristianodemocratica. Questa strana alleanza, ora in crisi, sarà sicuramente controproducente per il partito dell’attuale Cancelliera, il quale già nelle elezioni del lander Assia e Baviera ha mostrato una forte flessione dei consensi. Gli elettori della vecchia guardia, non hanno digerito l’attuale coalizione di Governo e hanno riversato il loro dissenso nelle urne. L’economia tedesca, invece, ha registrato una crescita importante del PIL, al di là dei diversi scandali legati alla Volkswagen e Deutsche Bank – che hanno chiuso in negativo -, ribadendo come l’Unione Europea sia sempre più a trazione tedesca.

Altro evento di particolare rilevanza politica, mediatica ed economica è sicuramente la Brexit. L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, è uno schiaffo all’integrazione propugnata dai vari trattati comunitari e uno schiaffo alla generazione Erasmus che, ancora oggi, registra molti entusiasti aderenti all’interno del territorio britannico. Infatti, stando alle dichiarazioni, alle proteste londinesi e ai più recenti sondaggi, pare essersi registrata una vera e propria inversione di tendenza nelle intenzioni degli inglesi: la Brexit non è più gradita e quella disegnata dall’Europa non è quella “soft” che si vorrebbe come estrema ratio. In poche parole, oltre il canale della Manica, si respira ancora “aria europea”. L’economia britannica, le tasche dei contribuenti inglesi e soprattutto la classe imprenditoriale d’oltre canale hanno bisogno dei fondi e di un mercato di sbocco appetibile come quello continentale.

La decisione dei popoli di affidarsi al sovranismo, cioè ad una dottrina che si oppone al trasferimento di poteri ad organizzazioni sovranazionali o internazionali, è stata la scelta più gettonata del 2018. Brasile, Italia (anche se il nostro è più un sovranismo psichico), Svezia, Germania e le proteste francesi, belghe e olandesi sono il quadro di una situazione altamente frammentata e pericolosa. Da un lato l’ancien régime e dall’altro “il nuovo che avanza“: il 2019 sarà il banco di prova di queste nuove organizzazioni, alla perenne ricerca di un consenso universale e di un nemico da usare come capro espiatorio dei loro fallimenti.

Ma la nascita, o meglio la riaffermazione, della dottrina sovranista ha un suo perché…

La necessità di affidarsi a chi propugna la riaffermazione della sovranità nazionale, deriva da un nutrito e profondo odio verso l’establishment, nazionale e sovranazionale, accusato di aver trascurato i bisogni dei cittadini nel nome di processi di integrazione nel mercato mondiale, europeo e simili. L’Europa, in questo senso, è diventato il nemico numero uno da combattere, soprattutto dopo l’esplosione della crisi economica, per le sue politiche di austerity nei confronti dei cittadini.

Certamente, le politiche nazionaliste e sovraniste hanno raccolto il favore popolare, ma non è detto che ciò implichi che queste siano giuste.

Ovviamente, non è nemmeno detto che i governanti che perseguano delle idee conservatrici e sovraniste siano portatori di sciagure e fallimenti. Anche se c’è da dire che non esiste parte del mondo che non sia stata internazionalizzata, sia politicamente che economicamente. Ormai tutti i Paesi del mondo appartengono ad un’organizzazione sovranazionale, come l’UE o l’ONU. Inoltre la globalizzazione dei mercati ha provocato un effetto domino nei rapporti tra i diversi Paesi, i quali intrattengono delle relazioni così profonde e intense che un’ipotetica crisi provocherebbe una reazione a catena fatale per intere economie. Il modello produttivo capitalista, “moralmente superiore” perché incapace di concepire la differenza tra oggetto e soggetto, è sicuramente pieno di difetti ed imperfezioni (che non saranno corrette dal mercato), ed è ormai entrato nella cultura politica ed economica comune. Di certo non saranno né la propaganda, né una promessa elettorale a far scomparire un modello entrato nell’immaginario comune come “punto di non ritorno”.

La situazione italiana è particolare. Da un lato abbiamo dei partiti anti-sistema nel sistema, Lega e Movimento 5 Stelle che, spinti all’inizio da uno spirito anti-europeista, si sono adeguati ad un’Unione politica ed economica più grande di loro. Hanno capito l‘errore degli inglesi: è difficile rinunciare ai fondi europei, al mercato globalizzato messo a disposizione da un ente sovranazionale e all’influenza politica che solo un’unione di stati può esercitare. I due partiti, diversamente nuovi, si trovano sulla soglia più alta di Palazzo Chigi, in una situazione economica difficile e con delle promesse elettorali, molto costose da mantenere. La legge di bilancio è l’emblema di questo disegno: fare di tutto affinché il consenso non precipiti, soprattutto dopo che l’argomento “immigrazione” è stato esaurito quasi del tutto.

La ricerca del consenso non è solo una prerogativa della maggioranza, ma lo è anche dell’opposizione. Il Partito Democratico e Forza Italia, sembrerebbero avere a portata di mano tutte le soluzioni per risolvere l’attuale situazione di stagnazione economica, dimenticandosi che per circa 20 anni si son divisi le poltrone del Parlamento e del Governo. Questa presunzione ha portato i due partiti a compiere delle vere e proprie gaffes che, in assenza di idee ben precise, ha condotto ad un fallimento totale del loro modo di fare opposizione al Governo.

Non esiste “ricerca del consenso” senza un leader in grado di ottenerlo. Il carisma, l’elevata capacità comunicativa e oratoria sono le caratteristiche principali che un uomo deve possedere per essere definito “leader”. La politica mondiale ha conosciuto degli interpreti in grado di ammaliare popoli interi con discorsi dalla capacità emotiva notevole. Matteo Salvini, ad esempio, è quello che comunemente viene definito “abile comunicatore”, molto attivo sui social e in televisione, aggressivo e soprattutto sempre a conoscenza dei temi cari agli italiani. Inoltre, l’aver trasformato la Lega in un partito personale e totalmente asservito al suo modo di fare politica, fa capire come la personalizzazione della politica e il culto della persona siano, ancora una volta, l’elemento chiave del sovranismo.

L’anno del sovranismo, dunque, ha visto l’affermazione di questi personaggi che il nuovo anno dovrà consacrare a uomini chiave della politica internazionale o a semplici meteore.

Sicuramente, il tutto dipenderà dalla fattibilità delle promesse elettorali, ripetute in loop durante la campagna elettorale, e soprattutto dall’impatto che queste avranno sui cittadini e sulle loro tasche. Gli italiani si son affidati, in ultima istanza, a due partiti che hanno fatto dell’attacco personale, dell’aggressività e dell’opposizione di principio, i propri tratti somatici ed ora, una volta al Governo, si trovano con delle responsabilità più grandi di loro.

Purtroppo però, le parole devono dare seguito anche a dei fatti e la retorica del giovanilismo questa volta non salverà il banco del Governo. Questo modo di far politica, facente continuo riferimento alla superiorità delle nuove generazioni e denigrando la classe dirigente precedente bollandola come trasformista e menzognera, è utile soltanto se ci si trova in campagna elettorale e non quando si è al Governo. Il sovranismo all’italiana, pieno di contraddizioni, è chiamato a dare una risposta decisa, la quale potrebbe ulteriormente far evolvere la situazione interna del nostro Paese. Questo sovranismo imperfetto, che ha trovato un accordo con l’Unione Europea con cui voleva usare il pugno duro, ha ottenuto una tregua temporanea, da sfruttare per dare un segnale forte e deciso al mondo globalizzato.

Un segnale che molto probabilmente arriverà con le Elezioni Europee del prossimo Maggio. Lo scontro tra ancien régime, rappresentato dal PPE e il PSE – Partito Popolare Europeo e Socialisti Europei – e i sovranisti dell’ultim’ora, campeggiati da Salvini e dall’enigmatico quanto inaffidabile Viktor Orban, sarà l’atto finale di questo lungo scontro a distanza. Se l’esito sarà quello propagandato dai leader che vogliono riformare l’Europa, o addirittura eliminarla, il futuro verrà avvolto da un alone di incertezza e di mistero. L’Unione Europea, organizzazione sovranazionale settantennale potrebbe prematuramente cessare di esistere, oppure cambiare forma.

Il sovranismo, nel 2019, potrebbe, con la sua forte retorica, il richiamo al patriottismo e all’identitarismo rivoluzionare la società occidentale, chiudendola dentro tanti piccoli nazionalismi e compromettendo definitivamente lo sviluppo sociale, economico e culturale. Oppure, il sovranismo democratico propagandato dai riformisti, potrebbe rappresentare un toccasana per le istituzioni, ampliando la partecipazione dei cittadini alle politiche dell’Unione Europea.

Al 2019 l’ardua sentenza…

Donatello D’Andrea