Lisippo, dal Getty Museum: “Leggerezza ingiustificabile”

La statua dell'Atleta di Lisippo in una sala del museo.
Atleta di Lisippo, la Cassazione rigetta il ricorso del Getty Museum. La scultura deve tornare in Italia

ROMA. – E’ stato connotato da “inspiegabile e ingiustificabile leggerezza” il comportamento del Getty Museum che acquistò la statua in bronzo dell’atleta vittorioso di Lisippo sulla base di pareri sulla sua lecita provenienza espressi solo dai consulenti del venditore nonostante “l’autorevolissimo partner” che aveva affiancato il Getty nella trattativa, il Metropolitan Museum di New York, si fosse sfilato dall’acquisizione dell’opera nutrendo “perplessità” sulla sua provenienza.

Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni di conferma della confisca della statua che fece il suo ingresso negli Stati Uniti quando arrivò, via nave, nel porto di Boston nell’agosto del 1977, dopo il decesso del magnate Jean Paul Getty che l’aveva fortemente voluta. L’opera era rimasta per un breve periodo al Museo delle Belle Arti di Boston, e poi trasferita al museo di Denver in Colorado, per arrivare dove ancora si trova, al Getty Museum di Malibù in California.

“Le motivazioni della Cassazione sono chiare. Il Getty Museum ne prenda atto e restituisca l’atleta di Lisippo all’Italia”, afferma il ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli. “Il Governo si sta già attivando perché questa importante testimonianza del nostro patrimonio culturale torni nel nostro Paese”, aggiunge.

Secondo la Cassazione (sentenza n.22), “chiedere conferme in ordine alla legittimità di una compravendita a soggetti che, seppure ampiamente qualificati professionalmente, erano istituzionalmente preposti alla tutela degli interessi del venditore, costituisce comportamento, per l’acquirente, connotato da una inspiegabile ed ingiustificabile leggerezza”.

Aggiungono gli ‘ermellini’, respingendo il ricorso di Stephen Clark – rappresentante del Getty Trust – contro l’ordinanza di confisca emessa dal Tribunale di Pesaro l’8 giugno 2018 dopo un contenzioso durato anni, che il museo americano aveva la “sicura consapevolezza della pregressa esistenza di un articolato contenzioso penale”.

Inoltre, da una fondazione prestigiosa come il Getty era ovvio esigere la “doverosa conoscenza della normativa italiana in tema di esportabilità e commerciabilità dei beni culturali” e il museo avrebbe potuto avere “informazioni meno di parte” rivolgendosi alle autorità italiane competenti sui beni artistici e culturali. E’ da escludere che l’acquisto di questo capolavoro dell’antichità classica sia stato “improntato al canone della buona fede”. Infine, la Cassazione rileva che non c’è dubbio che la statua di Lisippo appartenga al patrimonio artistico italiano, fatto messo in dubbio dalla difesa di Clark.

“L’opera è stata rinvenuta da un peschereccio italiano ed issata a bordo, già in tal modo entrando all’interno del territorio nazionale” nell’estate del 1964 quando venne sbarcata a Fano, premette la Cassazione aggiungendo che l’appartenenza della statua all’Italia è giustificata ancor più da quella “continuità culturale che ha, fin dai primordi del suo sviluppo, legato la civiltà dapprima italica e poi romana alla esperienza culturale greca, di cui quella romana può dirsi continuatrice”.

“Ora aspettiamo la statua a Fano anche se sappiamo che non sarà semplice. Intanto mi attiverò con le mie controparti politiche”, ha commentato il sindaco Massimo Seri. “Non si tratta solo di leggerezza: a nostro avviso il Getty Museum ha agito con piena consapevolezza che quello del Lisippo era un acquisto illecito”, ha detto Tristano Tonnini, legale dell’associazione ‘Le Cento Città’, che nel 2007 lanciò la lunga battaglia per il ‘rimpatrio’ dell’atleta vittorioso.

(di Margherita Nanetti/ANSA)