Diserta l’ex ambasciatore della Corea del Nord a Roma

Bandiera della Corea del Nord.
Bandiera della Corea del Nord. EPA/ALEXANDER BECHER

PECHINO. – Di Jo Song-gil, diplomatico della Corea del Nord a Roma, si sono perse le tracce da due mesi: “è sparito” con la moglie a pochi giorni dalla scadenza del mandato “scappando dal compound” dell’ambasciata agli inizi di novembre. I pochi punti chiari del “giallo” legato alla ricostruzione del JoongAng Ilbo, testata di Seul, li ha forniti il deputato sudcoreano Kim Min-ki al termine dell’audizione parlamentare pomeridiana dell’agenzia di intelligence (Nis), dedicata all’ ipotesi di diserzione e dell’imbarazzo per Pyongyang, impegnata negli sforzi negoziali con gli Usa sul disarmo nucleare, nella schiarita dei rapporti con il Sud e nel consolidamento del “profilo internazionale” del leader Kim Jong-un.

Di Jo si sa che ha 44 anni (lo ha riferito la deputata Lee Eun-jae, sempre a fine audizione), una laurea in francese alla presigiosa Pyongyang university for foreign studies (parla anche un italiano eccellente e un ottimo inglese), almeno una figlia e che è molto legato al Belpaese sia per il lavoro svolto in passato all’Ufficio della cooperazione italiano attivo nella capitale nordcoreana, sia per aver avuto negli anni scorsi già un primo mandato presso l’ambasciata di Roma.

Citando fonti diplomatiche anonime, il quotidiano sudcoreano ha scritto che è sotto la protezione del governo italiano con la famiglia da inizio dicembre in vista della richiesta d’asilo politico “in un imprecisato Paese occidentale”. Ma “non risulta una richiesta d’asilo da parte di un funzionario nordcoreano – hanno riferito fonti della Farnesina sulla vicenda -. Per via diplomatica è stato a suo tempo comunicato al ministero l’avvicendamento dell’incaricato d’affari nordcoreano a Roma. Tale avvicendamento ha poi avuto luogo”.

Il riferimento è al ritorno a Roma del consigliere politico Kim Chol, divenuto incaricato d’affari il 20 novembre, giorno in cui Jo, secondo quanto verificato dall’ANSA, smise di far parte della lista diplomatica nordcoreana a causa del richiamo in patria. Il suo secondo incarico in Italia iniziò a maggio 2015 come terzo segretario, salendo a primo segretario nel 2017 fino alle funzioni di incaricato d’affari dal 9 ottobre dello stesso anno dopo l’espulsione dell’ambasciatore Mun Jong-nam (adesso a Damasco) in risposta al sesto test nucleare fatto da Pyongyang poche settimane prima violando le risoluzioni Onu.

Si tratterebbe, quindi, di un’altra defezione di alto livello tra le fila dei funzionari all’estero, la prima da quella eclatante del 2016 di Thae Yong-ho, numero due dell’ambasciata a Londra, che motivò la decisione con “un’educazione e un futuro migliore” da dare ai suoi tre figli venendo definito per tutta risposta dal Nord “uno scarto umano”.

L’ambasciata a Roma è tra le più importanti della rete estera nordcoreana avendo due diplomatici, più altri due che si occupano degli affari legati alla Fao, l’agenzia dell’Onu che ha sede a Roma e che fornisce importanti aiuti alimentari e non solo a Pyongyang oggetto di negoziati su base annua. A Jo fu concesso di raggiungere Roma con tutta la famiglia, a conferma dell’origine da settori nordcoreani influenti.

Sia suo padre sia suo suocero (Lee Do-seop, ex ambasciatore in Thailandia e a Hong Kong) sono esponenti dell’elite diplomatica, ha detto Thae in un’intervista tv. Conferenziere e scrittore a Seul, Thae ha spiegato di aver lavorato per un decennio con Jo al dipartimento Europa del ministero degli Esteri, aggiungendo che Roma è importante sede anche per “potersi rocurare” beni di lusso per la nomenclatura. Molti i punti da chiarire in una fase definita “delicata”: l’intelligence di Seul ha aggiunto solo di non aver provato a contattare e di non aver ricevuto segnali da Jo, aumentando il mistero intorno alla vicenda.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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