Sfida in tv sul muro, per Trump è emergenza nazionale

Prototipi muro lungo confine Messico
Al via costruzione prototipi muro lungo confine Messico

WASHINGTON. – Gli Stati Uniti sono nel pieno di una “crisi di sicurezza nazionale”, con criminali, trafficanti di droga e terroristi che premono sul confine sud del Paese. Non usa mezze parole Donald Trump che, con una mossa clamorosa e con pochi precedenti, fa interrompere la normale programmazione sui principali canali televisivi e dallo Studio Ovale si rivolge in diretta alla nazione. L’ultima volta era accaduto nel maggio del 2011, quando Barack Obama annunciò la morte di Osama bin Laden.

Il tycoon, nel corso di un intervento di circa otto minuti, tenta di spiegare con fermezza agli americani come sulla costruzione del muro col Messico non si può transigere. Lui non cederà, anche a costo di andare avanti con uno shutdown che per il diciottesimo giorno di fila paralizza gran parte dell’attività del governo federale e comincia ad avere serie ripercussioni su quasi un milione di dipendenti pubblici rimasti a casa e senza paga. Senza contare l’allarme lanciato da più parti per l’impatto di uno stallo prolungato sull’economia reale, vale a dire aziende private e famiglie.

Per il tycoon la colpa è tutta delle opposizioni, che non vogliono un accordo e non cedono sulla richiesta di 5,7 miliardi di dollari da stanziare nella manovra per rafforzare la sicurezza alla frontiera messicana.

La risposta dei leader del partito democratico in Congresso non si fa attendere, sempre a reti unificate, dalla Abc alla Cbs passando per Fox e Cnn: “Dal presidente solo falsità e menzogne. Di muro non se ne parla e di risorse per la sicurezza al confine si può cominciare a discutere solo dopo la fine dello shutdown”, affermano la speaker della Camera Nancy Pelosi e il leader della minoranza in Senato Chuck Schumer, che hanno preteso lo stesso spazio in tv dato al tycoon. E hanno dato il via al varo di una serie di provvedimenti per tentare di finanziare e riaprire i servizi essenziali.

Una sfida, dunque, finora relegata nelle stanze della Casa Bianca e di Capitol Hill e adesso entrata di prepotenza nelle case degli americani sempre più divisi, con un sondaggio secondo cui lo shutdown è colpa per il 50% del presidente e per il 35% dei suoi oppositori.

L’appello di Trump davanti alle telecamere è drammatico, e sembra rivolto soprattutto allo zoccolo duro del suo elettorato, quello che considera la realizzazione del muro la proposta simbolo di questa presidenza. E non a caso il tycoon parla di “crisi nazionale”.

L’obiettivo è soprattutto spianare la strada a quella che potrebbe essere la prossima clamorosa decisione della Casa Bianca: dichiarare lo stato di emergenza nazionale per finanziare il muro senza dover ricorrere all’autorizzazione del Congresso, dunque aggirando gli avversari politici. Una decisione ancora non presa e in queste ore al vaglio nei minimi dettagli dai legali del governo, visto che ricorrendo ai poteri speciali del presidente Trump rischia di esporsi ad una lunga battaglia legale, a partire dai dubbi di costituzionalità. Se al confine col Messico, infatti, ci sia una situazione che giustifichi lo stato di emergenza nazionale è tutto da verificare, visto che numeri alla mano il picco di ingressi raggiunto qualche anno fa appare lontano.

Intanto tra i dipendenti federali colpiti dallo shutdown ci sono gli agenti del Secret Service, quelli che proteggono il presidente e le più alte cariche dello stato, e il personale della Sec, l’autorità che vigila sulle aziende di Wall Street. Per i lavoratori dell’Irs, il fisco americano, la beffa: dovranno comunque procedere con i rimborsi fiscali per non far infuriare i contribuenti, ma senza essere pagati.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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