Linea dura Trump sul muro, ma cresce la fronda dei repubblicani

Il presidente Donald J. Trump si rivolge alla nazione dallo studio della Sala Ovale.
Il presidente Donald J. Trump si rivolge alla nazione dallo studio della Sala Ovale. EPA/CARLOS BARRIA / POOL

WASHINGTON. – Donald Trump non molla sul muro col Messico. Parlando agli americani in diretta tv e a reti unificate non cede di un millimetro sulla proposta simbolo della sua ascesa alla Casa Bianca. Ma il giorno dopo il discorso rivolto alla nazione il tycoon si scopre più vulnerabile, costretto a fronteggiare non solo i democratici che lo accusano di tenere in ostaggio il Paese con lo shutdown, ma anche un crescente numero di repubblicani avviliti da una situazione che da venti giorni sta bloccando il governo federale in nome di una promessa elettorale. Con un milione di dipendenti a casa e senza paga e una lunga lista di servizi pubblici essenziali paralizzati.

Gli ultimi a lanciare l’allarme sono gli esperti dell’agenzia internazionale di rating Fitch: se lo shutdown dovesse proseguire e avere un impatto sul tetto del debito gli Stati Uniti rischiano la ‘tripla A’, con tutte le conseguenze del caso sui mercati. Più monta l’escalation voluta dal presidente americano, dunque, più monta la pressione sulla Casa Bianca. Tanto che il tycoon prima di ricevere nuovamente i leader del Congresso nell’ennesimo tentativo di sbloccare l’impasse sale a Capitol Hill per confrontarsi proprio con i rappresentanti del partito repubblicano per cercare di frenare la fronda interna.

Al suo fianco il vicepresidente Mike Pence, che in queste ore è il grande mediatore al lavoro per evitare il peggio. Non lo aiuta l’atteggiamento di Trump che – alla vigilia della sua visita al confine con il Messico – resta irremovibile sulle sue posizioni: finchè non si stanziano 5,7 miliardi di dollari per finanziare il muro col Messico lo shutdown andrà avanti, ha detto, spiegando ai suoi come “sarebbe stolto e insensato” cedere adesso ai democratici. E tenendo viva l’ipotesi di usare i suoi poteri esecutivi per dichiarare lo stato di emergenza nazionale per reperire i fondi aggirando il Congresso.

Rivolgendosi alla nazione il tycoon ha giocato più che mai la carta dell’emergenza e della paura, parlando di “crisi umanitaria e di sicurezza” al confine sud e insistendo sulla necessità del muro per fermare una volta per tutte traffico di droga e di esseri umani, violenze di ogni tipo, criminalità, gang e terrorismo. “Quanto sangue americano deve ancora scorrere perchè il Congresso agisca?”, ha affermato guardando fisso nelle telecamere dalla sua scrivania dello Studio Ovale.

Per la speaker della Camera Nancy Pelosi e il leader della minoranza dem in Senato Chuck Schumer – che hanno replicato sempre in diretta tv – si tratta solo di “cinica propaganda”. “Il presidente non può tenere in ostaggio un intero Paese per il muro”, hanno denunciato, chiedendo di separare la questione della sicurezza da quella dello shutdown: “Tutti vogliamo la sicurezza ma nel rispetto dei valori dell’America, il cui simbolo è la statua della libertà, non una barriera alta 30 metri”.

A spiegare i toni della battaglia su muro e shutdown due fattori su tutto: l’inizio della campagna elettorale per le presidenziali del 2020 e le indagini del Russiagate che potrebbero arrivare a una prima conclusione nelle prossime settimane e che il presidente americano vuole allontanare in tutti i modi.