Cinema: Mujica e Tupamaros in carcere, gli anni bui dell’Uruguay

Il cartellone del film "Una notte di 12 anni". Mujica
Il cartellone del film "Una notte di 12 anni"

ROMA. – ‘Una notte di 12 anni’, scritto e diretto da Alvaro Brechner (Bad Day To Go Fishing, Mr. Kaplan), ti fa apprezzare anche il più piccolo piacere, anche la semplice bellezza della fiamma di un fiammifero. Il fatto è che il film, in sala da domani con la Warner, racconta senza alcuna concessione, l’orrore di una tortura e di una prigionia durata appunto 12 anni.

Siamo nel settembre del 1973. L’Uruguay è da un anno sotto il controllo di una dittatura militare che ha represso il movimento di guerriglia dei Tupamaros. In una notte d’autunno, come si vede a inizio film, nove prigionieri Tupamaros vengono portati via dalle loro celle nell’ambito di un’operazione militare segreta che durerà ben dodici anni.

Un’operazione in cui i tre Tupamaros seguiti nel film (esattamente Jose “Pepe” Mujica poi diventato amatissimo Presidente della nazione, Mauricio Rosencof, scrittore e poeta di fama, ed Eleuterio Fernandez Huidobro, ex Ministro della difesa di cui il regista ha raccolto le testimonianze), verranno spostati in diverse caserme, umiliati con ogni forma di tortura e assoggettati, come in un macabro demoniaco esperimento, a una nuova forma di operazione esistenziale per minare ogni loro resistenza psicologica.

L’intento dell’esercito d’altronde era chiaro: “Visto che non possiamo ammazzarli, li condurremo alla pazzia.” Incappucciati, legati, in silenzio, privati delle necessità fondamentali, denutriti, i tre uomini saranno ridotti così ai minimi termini fino alla loro finale liberazione.

“Che cosa resta di un uomo dopo che e stato spogliato di tutto? Isolato, fuori dal tempo, privato di qualsiasi stimolo, senza punti di riferimento a cui potersi aggrappare, i suoi stessi sensi incominciano a tradirlo. Ma qualcosa e radicato dentro di lui, qualcosa che nessuno può portargli via: la sua immaginazione – così oggi a Roma il regista – Il progetto ha richiesto un lungo lavoro di ricerca e preparazione, durato oltre quattro anni in cui ho intervistato testimoni, storici, vittime e militari”.

E ancora il regista di questo film molto bello e duro – già passato alla 75/ma edizione del Festival di Venezia nella sezione Orizzonti -:”Non volevo fare un prison-movie, ma una meticolosa ricostruzione storica degli eventi e soprattutto un percorso estetico e sensoriale, tale da consentire al pubblico di toccare da vicino l’esperienza di come si possa sopravvivere a una tale lotta interiore”.

(di Francesco Gallo/ANSA)

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