Bene ambiente, male fisco. L’Italia fuori dal vertice mondiale dell’innovazione

La parola "Innovation" sul tasto "Go". Innovazione
L'Italia fuori dal vertice mondiale dell'innovazione

ROMA. – Un fisco ancora poco amico, la mancanza di diversità etnica e l’assenza di “unicorni”, cioè le start up al di sopra di un certo valore economico. Sono questi gli elementi che hanno fatto scivolare l’Italia fuori dal vertice mondiale dell’innovazione, che vede l’Estonia sul gradino più alto seguita da Svizzera e Finlandia. Subito sotto Usa, Singapore e Regno Unito.

Sono i risultati del sondaggio condotto dall’associazione di categoria Consumer Technology Association (Cta) e resi noti nel corso del Ces, la più grande fiera tecnologica in corso a Las Vegas. Su 61 paesi analizzati sono in tutto 16 quelli indicati dall’associazione come leader al mondo nel creare le migliori condizioni per l’innovazione con criteri (e voti dalla A alla F) che vanno dalla libertà alla diversità di etnie presenti, dalla banda larga al capitale umano, dalle valutazioni sul fisco fino agli investimenti in ricerca e sviluppo. I nuovi ingressi nella top 16 del 2019 sono Germania e Israele.

L’Italia è in 25ma posizione sui 61 Paesi osservati “grazie alla sua attitudine verso le tecnologie emergenti, ma deve migliorare in altri settori”. A penalizzare il nostro paese sono la pressione fiscale (per cui c’è stato un declassamento da ‘C+’ a ‘C-‘), la mancanza di servizi di ridesharing “limitato a poche città a causa di rigide norme municipali” e l’assenza dei cosiddetti “unicorni”, le start-up che superano il miliardo di valore (solo una dal 2009 al 2018). Pesa anche la mancanza di “diversità etnica”: gli immigrati rappresentano solo il 10% della popolazione italiana.

L’Italia, invece, incassa una ‘A’ per i veicoli a guida autonoma e una ‘A+’ per l’ambiente: se la qualità dell’aria è sotto gli standard dell’Oms, il 100% della popolazione ha accesso a fonti di acqua pulita e protetta. E’ valutata come ‘B+’ per la Resilienza (bassi cyber-rischi) e come ‘B’ nei settori Risorse umane (il 35,8% dei lavoratori italiani sono altamente specializzati e il 38% degli studenti ha una specializzazione in materie scientifiche), Ricerca e sviluppo (spende l’1,3% del suo Pil) e libertà “con livelli nella media a livello personale e politico”.

“In linea generale, in alcune di queste classifiche l’Italia non risulta mai tra i primi 16, ma in realtà se guardiamo le tecnologie sviluppate nel nostro Paese e portate sul mercato notiamo che c’è un livello competitivo di generazione di nuova tecnologia. La presenza per il secondo anno di una missione Italia qui al Ces è emblematica”, commenta Fabrizio Rovatti, coorganizzatore della missione italiana al Ces 2019 che però osserva: “Manca il sistema-Italia, velocità nel realizzare idee, velocità di esecuzione per diffondere nuove tecnologie e apertura ai mercati internazionali”.

(Di Titti Santamato/ANSA)

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