Tav, trivelle e reddito: è guerra aperta tra M5s e Lega

Rottura: I due vicepremier: Luigi Di Maio e Matteo Salvini. M5s e Lega. Roma
I due vicepremier: Luigi Di Maio e Matteo Salvini

ROMA. – Non basta un vertice notturno. I rapporti tra M5s e Lega sono così logori, che ormai si procede solo a strappi e rinvii. Le liti sono plateali. Matteo Salvini assicura di “non voler fare saltare il governo” e nega anche un rimpasto. “Matteo, Giuseppe Conte ed io troviamo sempre una soluzione”, ostenta serenità Luigi Di Maio.

Ma la crisi di governo viene evocata apertamente nei corridoi parlamentari. Anche perché a ricasco dello scontro sui migranti, si accendono tanti focolai di tensione: slitta il decreto per reddito di cittadinanza e “quota 100”, viene rinviata la nomina Consob, la Lega frena sullo stop alle trivelle e scende in piazza per il sì alla Tav, mentre Salvini duella pure con Virginia Raggi e dice no all’invio dei militari per riparare le buche di Roma.

Dalla Lega emergono i segnali di maggiore insofferenza: l’invito a mollare i Cinque stelle ricorre nei commenti ai post di Salvini, i governatori del Nord invocano Tav e autonomia, i parlamentari leghisti lamentano una convivenza sempre più difficile. L’asse di Conte e Di Maio sull’accoglienza ai migranti, che ha dato respiro al M5s in un momento di grande difficoltà, ha mandato su tutte le furie il ministro dell’Interno, che è stato tentato fino all’ultimo – raccontano – di arrivare alle estreme conseguenze e far saltare il vertice per il “chiarimento”.

Ma si rischiava di rompere davvero. E far cadere il governo ora, ragionano i parlamentari leghisti, aprirebbe una partita dagli esiti imprevedibili, perché potrebbe portare non alle elezioni ma a un tentativo di ‘ribaltone’ e di governo M5s-Pd (prima che di centrodestra con i “responsabili”).

Convivere ancora, dunque. Ma segnando punto su punto. E’ quello che intendono fare sia Salvini che Di Maio (con il sostegno di Alessandro Di Battista) in una campagna elettorale per regionali ed europee che è già partita. Agli alleati nel vertice notturno di Palazzo Chigi, che fonti M5s descrivono assai teso, il ministro dell’Interno ribadisce che il tema migranti è suo e non accetterà più fughe in avanti.

Poi dal primo mattino, in radio, in tv e sui social, inizia a mettere tanti ‘puntini sulle i’. E così quando Conte annuncia che vedrà l’Anci sul decreto sicurezza, commenta tranchant che un caffè non si nega a nessuno ma che la legge non cambierà. A Virginia Raggi chiede di fare “di più e meglio”. E lascia che parta la ‘controffensiva’ leghista su Tav e trivelle. Sono questi i due fronti più caldi.

Per la Torino-Lione, che sarebbe bocciata dall’analisi costi-benefici, si muove il fronte del Nord, con l’ipotesi di un referendum: non si può fermare l’opera, affermano fonti leghiste facendo notare la prudenza del M5s, perché avrebbe costi pesanti e rischi di ‘ritorsione’ dei francesi su dossier come Fincantieri.

Sulle trivelle, invece, i sottosegretari leghisti Dario Galli e Vannia Gava dicono no allo stop che Di Maio vorrebbe inserire nel decreto semplificazioni: dal M5s Manlio Di Stefano invita Salvini a fermare i suoi, ma lui non lo fa (“Stop vicino alla costa, ma non in alto mare”).

Infine il fronte del reddito di cittadinanza e di “quota 100”. Il decreto slitta, probabilmente a mercoledì prossimo. E Di Maio rinvia anche un viaggio a Washington per seguirlo da vicino (motivo ufficiale: lo “shutdown” amministrativo in Usa). Tante le questioni ancora aperte: non è ancora risolto il nodo sollevato dalla Lega sui fondi per le pensioni di disabilità. Si dà la colpa del rinvio ai tecnici e al lavoro in corso della Ragioneria. Di fondo, però, il nodo è tutto politico.

M5s e Lega si marcano stretto: i primi temono che i leghisti affossino il reddito e hanno preteso che le pensioni fossero incluse in un unico decreto, per evitare fughe in avanti. La Lega lavora per “limitare il danno”. Non un buon viatico per le due misure di bandiera.

(di Serenella Mattera/ANSA)