Retromarcia su tassa non profit, il governo ricalibra l’Ires

Campagna contro l'introduzione della tassa per le associazioni no-profit.
Campagna contro l'introduzione delle tasse per le associazioni no-profit.

ROMA. – La retromarcia sulla “tassa sulla bontà” arriva nel decreto semplificazioni. Il governo ha annunciato la volontà di “ricalibrare” l’aumento dell’Ires sulle organizzazioni non profit, approvato in manovra ma immediatamente rimangiato dallo stesso esecutivo dopo un coro di critiche. L’idea è quella di un regime fiscale agevolato transitorio, in attesa di una riforma complessiva del terzo settore. La modifica sarà inserita in un emendamento al dl attualmente all’esame del Senato.

In un incontro a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e i rappresentanti del Forum del Terzo settore e delle associazioni del mondo non profit, il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha garantito le coperture necessarie, senza precisare però in quale provvedimento inserire le nuove disposizioni. La specifica è arrivata dai relatori al decreto semplificazioni, che hanno assicurato la presenza di un emendamento di maggioranza ad hoc.

Il cambiamento di rotta, dopo l’abolizione dell’agevolazione concessa al settore e il conseguente raddoppio dell’imposta dal 12 al 24%, pari a poco meno di 120 milioni nel 2019 ed oltre 400 in tre anni, è stato reso ancora più urgente dalle parole del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che nel discorso di fine anno aveva definito le realtà del terzo settore “una rete preziosa di solidarietà”, capace di supplire “a lacune o a ritardi dello Stato”. Era stato proprio il presidente della Repubblica a rinominare l’aumento dell’Ires una ‘tassa sulla bontà’.

Se un nodo sembra dunque sciogliersi, sul fronte fiscale sembra destinato però a scoppiare un altro bubbone, innescato anche questo dalla manovra. La rimozione del blocco delle aliquote locali e delle addizionali su Irap, Imu/Tasi e Irpef imposto dai governi Pd permetterà infatti agli enti locali di aumentare il carico fiscale e di raccogliere, secondo le stime di Moody’s, fino a due miliardi di entrate aggiuntive, pari al 10% dei loro margini correnti.

Dal punto di vista puramente finanziario, l’agenzia giudica la misura positiva per il rating degli enti locali, ricordando che “l’addizionale Irpef è ancora pari a zero in oltre la metà dei 7.954 comuni italiani”. Ma l’impatto potrebbe essere opposto per le tasche dei cittadini. Moody’s prevede che circa l’80% degli enti locali in Italia possa cogliere l’opportunità di aumentare le tasse nel corso dell’anno, anche se le elezioni locali previste a maggio 2019 in più di 4 mila comuni e in 6 regioni potrebbero ritardare i ritocchi fiscali, rinviandoli alla seconda metà dell’anno. Lo sblocco delle aliquote pone fine a un ‘congelamento’ delle tasse locali durato tre anni. In totale tra il 2010 e il 2017 gli enti locali, calcola ancora l’agenzia, hanno perso risorse per 22 miliardi di euro.