Vent’anni di studi sui telefonini, paure e assoluzioni

Un ragazzo attraversa la strada guardando il cellulare. Telefonini
Un ragazzo attraversa la strada guardando il cellulare.

ROMA. – E’ una storia infinita caratterizzata da oltre venti anni di studi e ricerche quella che lega i telefonini cellulari alle paure e agli allarmismi sui presunti rischi di sviluppare alcune malattie come il cancro al cervello, tornata ora sotto i riflettori in seguito alla sentenza del Tar del Lazio che impone ai ministeri della Salute, Ambiente e Istruzione di avviare una campagna informativa.

Basti pensare che l’ultimo in ordine di tempo, dall’Australia, è stato pubblicato lo scorso dicembre, e li scagiona, ma due settimane prima ne era uscito un altro statunitense che invece aveva trovato una relazione. L’analisi australiana si era basata su 16.800 casi di cancro cerebrale.

Lo studio, guidato dall’Australian Radiation and Nuclear Safety Agency (Arpansa) e pubblicato sulla rivista BMJ Open, ha escluso ogni legame fra la rapida diffusione della telefonia mobile e l’incidenza dei tumori al cervello. Al contrario secondo una ricerca del National Toxicology Program statunitense condotta su circa 3.000 roditori invece c’erano prove, anche se “relativamente modeste” che le onde radio originate da alcuni tipi di telefoni cellulari di vecchia generazione, aumentano il rischio di tumore al cervello.

Alcune ricerche nel corso degli anni hanno ritenuto i telefonini potenzialmente cancerogeni, altre li hanno ‘assolti’ e altre ancora – come la ricerca Interphone, finanziata dall’Organizzazione mondiale della sanità – non sono arrivate ad alcuna certezza che l’utilizzo dei cellulari, anche prolungato, possa aumentare il rischio di tumori al cervello. Su queste basi, nel 2011, la Iarc, l’agenzia sui tumori dell’Oms, ha definito i campi elettromagnetici come solo ‘possibly carcinogenic’.

Sulla questione dell’uso di questi dispositivi si è espressa recentemente con un ‘position paper’ anche la Società Italiana di Pediatria. Il consiglio è di evitare l’esposizione prolungata, anche se in questo caso più che i rischi legati alle radiazioni sulla raccomandazione pesano quelli, già invece accertati, per lo sviluppo cognitivo, il sonno e il metabolismo.

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