Cresce la produzione, ma nei campi l’occupazione è ferma

Terrazzamenti nella Valtellina.
Terrazzamenti nella Valtellina.

ROMA. – In tempi di crisi l’agricoltura tiene botta in termini di sviluppo dei volumi produttivi, anche se non c’è una vera e propria corsa al lavoro nei campi. Per l’Istat, che per la prima volta ha presentato una stima di conti economici dell’agricoltura relativa all’anno appena concluso, il 2018, la produzione dell’agricoltura è aumentata dell’1,5% in volume, con una marcata crescita in particolare di attività ad alto valore aggiunto come vino (+14,3%) e frutta (+1,4%).

Nel complesso, rileva l’Istituto di statistica, il valore aggiunto lordo ai prezzi di base è aumentato del 2% in volume, mentre le unità di lavoro nei campi e negli agriturismo sono cresciute solo dello 0,2% per una manodopera agricola totale che supera 1,1 milioni di addetti. Il mancato sviluppo del settore, per il presidente della Copagri Franco Verrascina, è per la “forbice troppo alta tra ricavi e costi d’impresa”.

Il dato Istat (produzione 2018: +1,5% in volume, +1,4% per prezzi e +5,4% per costi) e quello Ocse (calo dell’occupazione a -0,2%) dimostrano ciò che Cia-Agricoltori Italiani va dicendo da tempo: ”L’agricoltura italiana nonostante problemi strutturali e fenomeni avversi climatici, tiene botta con il lavoro duro e costante degli imprenditori”.

Sull’occupazione nel settore Cia-Agricoltori Italiani ricorda gli annosi problemi legati ai costi della produzione, spesso appesantiti dalla burocrazia, che influiscono negativamente su questo indicatore. A ciò si aggiunge, lamenta la confederazione agricola, una condizione non favorevole alla nascita di nuove imprese o al concretizzarsi di un reale cambio generazionale.

Basti pensare che l’Italia è all’11/mo posto in Ue nei trasporti e solo il 4,4% ha una connessione a banda larga. Cia-Agricoltori Italiani ribadisce perciò la necessità di un grande piano agro-industriale che potrebbe creare fino a 100 mila nuovi posti di lavoro generando Pil e ricchezza.

In questo contesto, la situazione di stabilità occupazionale nelle imprese sane è apprezzata in sede sindacale dove però viene chiesta, anche la luce dei blitz anticaporalato a Latina e in Basilicata, la piena attuazione della legge 199. In particolare, per Giorgio Carra della Uila-Uil, il comparto con 900mila operai agricoli a tempo determinato e 50mila impiegati nel settore dimostra un soddisfacente dato occupazionale, ma eccessiva flessibilità.

Il lavoro trasparente, quello regolarmente dichiarato, conta lavoratori che in media sono attivi quattro mesi l’anno, alcuni fanno appena dieci giorni l’anno nei campi. Questo, insieme al vero e proprio caporalato, favorisce la tendenza al peggioramento in termini dei diritti del trattamento dei lavoratori. Di una ”notevole emersione del grigio e del nero nel lavoro agricolo” parla Davide Fiatti della Flai-Cgil.

”C’è un minimo di innovazione tecnologica – osserva – che consente raccolti con meno lavoratori, ma i blitz anti-caporalato, ora possibili grazie alla Legge del 2016, svelano che non tutte le giornate lavorative vengono segnate e che troppi ancora non possono far valere i propri diritti e sottrarsi al ricatto e alla paura”.

(di Alessandra Moneti/ANSA)

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