Democratici evocano impeachment dopo le accuse di Cohen a Trump

WASHINGTON. – Riconquistata la maggioranza alla Camera, i democratici aprono due inchieste parlamentari ed evocano lo spettro dell’impeachment dopo lo scoop del sito BuzzFeed, secondo cui Michael Cohen, l’ex avvocato personale di Donald Trump, ha confermato al procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller che fu il presidente ad ordinargli di mentire al Congresso sui negoziati per la costruzione di una Trump Tower a Mosca e su un possibile incontro con Putin.

Nella sua falsa testimonianza, il legale affermò che le trattative erano terminate a gennaio 2016 ma in realtà proseguirono sino all’estate successiva, per tutta la campagna elettorale, quando il tycoon giurava di non avere alcun legame o interesse in Russia. Un reato per il quale in novembre Cohen ha già ricevuto una condanna a tre anni, comprese altre accuse, tra cui quella di aver pagato il silenzio di due amanti del tycoon per non comprometterne la campagna.

Ma ora anche Trump rischia di rispondere di quello spergiuro: per averlo istigato nel suo ruolo di presidente, ostacolando la giustizia. E’ lo stesso reato confezionato per Richard Nixon, che si dimise per evitare l’impeachment, e Bill Clinton, che su assolto dal Senato, dove però i dem sono minoranza e per la condanna occorrono i due terzi dei membri.

“L’accusa che il presidente degli Stati Uniti possa aver indotto ad una falsa testimonianza davanti alla nostra commissione nel tentativo di limitare l’indagine e nascondere i suoi rapporti d’affari con la Russia è tra le più gravi finora”, ha commentato Adam Schiff, presidente dem della commissione intelligence della Camera, promettendo che farà tutto “il necessario per scoprire se è vero”.

Gli ha fatto eco il compagno di partito Jerry Nadler, presidente della commissione giudiziaria della Camera: “ordinare ad un subordinato di mentire al Congresso è un crimine federale. Il nostro lavoro è di andare sino in fondo, e lo faremo”. Tra i dem si rincorrono le espressioni “intralcio alla giustizia” e “impeachment”.

“Se la storia è vera il presidente si deve dimettere o deve essere messo in stato di accusa”, cavalca Joaquin Castro. Sulla stessa lunghezza d’onda Eric Holder, ex attorney general di Obama. Pure William Barr, nominato da Trump ministro della giustizia, non sembra aver dubbi: un presidente che manipola un teste ostacola la giustizia, ha risposto nell’audizione di conferma al Senato.

Il tycoon ha reagito con le solite minacce, che questa volta però i dem potrebbero contestare come un ulteriore tentativo di condizionare un teste, dato il 7 febbraio Cohen deporrà alla Camera sui suoi rapporti con il tycoon: “Mente per ridurre la sua condanna! Controllate suo suocero!”, ha twittato, rilanciando velate accuse ad un parente.

“Se credete a Cohen, posso farvi fare un grande affare sul ponte di Brooklyn”, ha ironizzato il suo avvocato Rudi Giuliani, cercando di screditare l’avvocato, che in realtà era il custode di tutti i segreti di Trump, il suo ‘pitbull’. Ma, secondo le due fonti investigative di BuzzFeed, Cohen ha confermato solo quanto Mueller già aveva appreso da vari testi della Trump Organization, email interne alla società, sms ed altri documenti.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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