Secondo summit Trump e Kim a fine febbraio

Un uomo di spalle mentre guarda uno schermo gigante della tv che trasmette la notizia della rottura tra Trump e Kim. Summit
Sullo schermo gigante Trump e Kim

WASHINGTON. – Donald Trump avrà a fine febbraio un secondo summit con Kim Jong-un, dopo quello dello scorso giugno a Singapore, per proseguire i negoziati sulla denuclearizzazione. Lo ha annunciato la Casa Bianca dopo che il presidente ha incontrato per un’ora e mezzo nello studio Ovale Kim Yong Chol, il braccio destro del leader nordcoreano. La portavoce Sarah Sanders ha riferito che Trump “non vede l’ora di incontrare il presidente Kim in un luogo che sarà annunciato successivamente”.

La località più probabile, al momento, sembra essere Danang, in Vietnam. Kim Yong Chol, ex capo dello spionaggio, è il principale negoziatore nordcoreano e lo scorso giugno era già stato accolto nello studio Ovale prima del summit svoltosi in quello stesso mese. Con sè ha portato una ennesima lettera di Kim, che va ad arricchire il carteggio con Trump.

Il tycoon mette a segno così temporaneamente un colpo spettacolare, che gli consente di distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dai suoi problemi interni: dal perdurante shutdown all’ombra sempre più lunga del Russiagate.

L’incontro nello studio Ovale è arrivato dopo che l’inviato di Kim aveva fatto visita in un hotel della capitale al segretario di stato Mike Pompeo. Mentre a Stoccolma l’inviato americano per la Corea del Nord, Steve Biegun, partecipava ad un incontro con la sua controparte, il vice ministro degli esteri di Pyongyang Choi Sun Hee, che finora aveva dribblato ogni contatto.

La scelta di Stoccolma non è casuale: la Svezia ha relazioni diplomatiche con Pyongyang dal 1973 ed è il solo Paese occidentale ad avere lì un’ambasciata, che fornisce servizi consolari anche per gli Usa. Se il secondo vertice sarà un successo dipenderà dalle condizioni che le parti riusciranno a strappare. Gli Usa hanno insistito finora perché la Corea del nord fornisca una lista dettagliata dei suoi siti nucleari e missilistici.

Ma Pyongyang si è rifiutata di consegnare quello che rischierebbe di essere un elenco di possibili ‘target’ e chiede “misure corrispondenti”, non azioni unilaterali. Nei suoi ‘desiderata’ figurano la revoca o la sospensione, anche parziale, di alcune sanzioni, la dichiarazione formale della fine della guerra coreana (1950-1953), aiuti umanitari e un canale di dialogo permanente con gli Usa (un’opzione potrebbe essere aprire uffici di collegamento nelle rispettive capitali).

A Seul c’è la sensazione che ora gli Usa potrebbero sedersi al tavolo con un approccio più flessibile, dopo lo stallo dei negoziati, che finora non hanno portato a nulla. Ma uno dei punti chiave finora irrisolti è concordare cosa si intenda per denuclearizzazione della penisola coreana: resta il dubbio che Kim alla fine includa anche il ritiro delle forze Usa dalla Corea del sud, compresi i bombardieri e i sommergibili nucleari. Senza questo chiarimento, sarà difficile arrivare ad una road-map e Trump potrebbe correre il rischio di arrivare alla campagna per la sua rielezione senza aver neutralizzato la minaccia nordcoreana. Come aveva promesso.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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