I due anni alla Casa Bianca di Trump in pieno shutdown

Donald Trump in primo piano.
Il presidente Donald Trump. (ANSA)

WASHINGTON. – Donald Trump è oggi al secondo anno di presidenza, il ‘midpoint’ del suo mandato, ma non è un anniversario felice. Il suo governo entra nel 30/mo giorno di shutdown, il più lungo della storia Usa, l’ombra del Russiagate si allunga sempre di più e il suo indice di gradimento è in parabola discendente.

Nei sondaggi più recenti ha perso da 7 a 20 punti percentuali. Secondo RealClearPolitics, che fa una media, è arretrato di 13,9 punti, con il 41,4% che approva il suo operato e il 55,3% che lo contesta. Secondo un altro rilevamento di Pew research center poll, gli americani sono più pessimisti sulla presidenza Trump di quanto lo siano stati su qualsiasi altro presidente negli ultimi 25 anni: il 47% pensa che non avrà successo, il 29% è di avviso opposto, mentre per il 23% è ancora troppo presto per giudicare.

A scalfire ultimamente l’immagine del tycoon nel bunker della Casa Bianca è stata la sua decisione di chiudere le attività del governo, lasciando senza stipendio 800 mila dipendenti federali, finché i dem non gli concederanno 5,7 miliardi per il muro col Messico, una delle sue principali promesse elettorali.

Dopo un mese, l’opposizione ha respinto anche la sua ultima offerta, ossia la protezione per tre anni di 700 mila dreamer, gli immigrati entrati nel Paese da bambini al seguito di genitori irregolari, e di 300 mila migranti con un permesso temporaneo (Tps), quasi tutti centro americani vittime di disastri naturali. Protezione che peraltro lui stesso aveva revocato lo scorso anno con una decisione poi bocciata da due giudici federali e sulla quale ora deve esprimersi la corte suprema.

“Inaccettabile”, hanno replicato i dem, che subordinano ogni negoziato alla riapertura del governo e ritengono comunque che la proposta non risolva definitivamente il problema dei dreamer perché non offre loro un percorso di cittadinanza.

Un Trump irritato ha reagito via Twitter attaccando la speaker della Camera Nancy Pelosi ma facendo intravedere anche l’ipotesi di una amnistia per i dreamer. “L’amnistia non fa parte della mia offerta”, ha precisato, rispondendo così anche ai conservatori del suo partito. Ma, ha aggiunto, “sarà usata solo in un accordo più grande, che sia sull’immigrazione o su qualcos’altro.

Il tycoon ha quindi evocato con un monito finale minaccioso gli 11 milioni di illegali che vivono in Usa: “non ci sarà alcuna spinta per rimuoverli…ma stai attenta Nancy!”. Poi ha accusato la Pelosi di essersi comportata “irrazionalmente” e di essere “andata così a sinistra che ora è diventata ufficialmente una democratica radicale. Si è così pietrificata sulla sinistra del suo partito che ha perso il controllo”, ha twittato.

Ma adesso è Nancy, la 78/enne veterana della Camera, a condurre il gioco: “lei è il matador, lui è il toro. Lui è un genio dell’arte pubblicitaria, non dell’arte politica”, commenta Michael Cornfield, professore di political management alla George Washington University.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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