Famiglia schiava del web, segregata in casa per anni

Una donna seduta al tavolo, fissa sul cellulare e in secondo piano una bambina.
Una donna seduta al tavolo, fissa sul cellulare e in secondo piano una bambina. (ANSA)

BARI. – Segregati in casa, attratti dai computer come calamite, non badavano neanche più alla propria igiene e mangiavano soltanto merendine, biscotti e caramelle: è così che vivevano i quattro componenti di una famiglia pugliese, intrappolati nella dipendenza patologica da internet che li ha portati a non uscire per due anni e mezzo dal loro appartamento in Salento, la cui unica finestra sul mondo era diventata il web.

La sola a varcare la soglia di quell’abitazione era la figlia di 9 anni che, a differenza di suo fratello 15enne che aveva abbandonato gli studi, continuava ad andare a scuola. Nel tragitto la piccola si fermava a comprare qualcosa da mangiare ma portava a casa solo merendine e caramelle. Cibo che sembrava bastare anche ai suoi genitori: al papà, di 40anni, che grazie a una piccola pensione non aveva bisogno di andare a lavorare; e a sua madre, di 43 anni, anche lei vittima della ‘rete’.

A far scoprire il caso della famiglia che viveva ormai in un mondo virtuale, sono state le condizioni in cui si presentava a scuola la bambina: la trascuratezza e la scarsa igiene hanno insospettito gli insegnanti che hanno allertato i servizi sociali che ora hanno affidato il nucleo famigliare alle cure degli specialisti.

Il 15enne è stato trovato con le piaghe ai piedi, oramai ricoperte di infezioni. Nonostante negli ultimi due anni e mezzo il suo piede fosse cresciuto, continuava a usare le stesse scarpe di due numeri più piccole. Oltre a una terapia antibiotica, è stato necessario un lungo periodo di fisioterapia per rimettere in movimento un corpo ridotto a uno scheletro e anchilosato dall’inattività. Il ragazzino ha anche rischiato di restare vittima del ‘Blue Whale’, il ‘gioco’ social che coinvolge gli adolescenti in una serie di sfide che li inducono alla depressione, e ad atti di autolesionismo fino a dover sostenere la prova finale che consiste nel suicidio.

Intervenendo sulla drammatica vicenda e ribadendo i “rischi altissimi del web”, l’ordine degli psicologi di Puglia evidenzia “l’elemento di novità di questa storia”, e cioè “il coinvolgimento degli adulti, di entrambi i genitori”. “Forse – evidenzia il presidente degli psicologi pugliesi, Antonio Di Gioia – la spiegazione va cercata nella giovane età della coppia, non quella attuale ma quella in cui hanno dato il via alla vita coniugale”. “Di certo – conclude – a questa famiglia sono mancati punti di riferimento stabili, tali da consentire loro di confondere il reale con il virtuale”.

(di Vincenzo Chiumarulo/ANSA)