Apología di Glass

MADRID – Ieri ho avuto il privilegio di vedere Glass, l’ultima fatica cinematografica di M. N. Shayamalan. Partendo da un certo punto di vantaggio e di obiettiva imparzialità poiché sono un grande fan del regista del Sesto Senso, ho passato due ore piacevolissime. Come mio solito poi inizio a documentarmi e leggere i vari commenti presenti sul web, e scopro che il film è stato ammazzato dalla critica d’oltreoceano mentre ha riscontrato un buon risultato di pubblico. Al momento della scrittura ha incassato nel mondo intorno ai 90 milioni di dollari a fronte di circa 20 di spese di produzione (marketing non incluso).

Addentrandomi nel profondo dell’universo fumettistico del regista indiano-americano, che, va ricordato, costruisce il suo Unbreakable (primo film della trilogia) con protagonisti Bruce Willis e Samuel L. Jackson, nel 2002, in periodo ancora non sospetto e non influenzato dall’ estrema fumetizzazione dell’industria avvenuta negli ultimi 15 anni per mano di Marvel e DC. Prosegue poi con Split del 2016, dovetroviamo una trama complessa e sempre ai limiti dell’horror, marchio tipico del cineasta, e in cui la recitazione di James McAvoy è a livelli altissimi. Glass è la chiusura del cerchio, la conclusione a quell’universo totalmente inventato da Shayamalan, dovela forza del messaggio è totale.

Non è un film sui supereroi, sui super cattivi, sui mondi che si incontrano e spesso si scontrano. In un momento storico doveil mondo del cinema gira ormai intorno agli incassi dei film ispirati ai fumetti, (il miliardo di dollari di incasso di Aquaman ne è l’ultima dimostrazione) dovelo spazio dedicato a queste tipologie di storie è sempre più rilevante al punto da diventare una linea guida. Il caso degli ultimi Star Wars è ecclatante, sempre meno filosofici sempre più intrattenitori in pieno stile Marvel, qui colpevole la Disney proprietaria di entrambi gli studios.

Glass trascorre tra alti e bassi scenici, e lunghi monologhi e riprese dolly che interrompono la trama spesso, ma caricano di significato il messaggio del film. Glass non è un prodotto per intrattenere il pubblico e farlo divertire, Glass ti stimola a pensare e a ragionare sul significato che hanno i fumetti, rievoca la loro epica, l’esser un punto di passaggio per la crescita dell’individuo.  Un individuo che si dovrà scontrare con il mondo e che dovrà farlo pronto ad affrontare le avversità. Come nel Birdman di Iñarritu, il fumetto è la via per la ricerca di chi siamo veramente e che ruolo abbiamo nel mondo.

Glass è una difesa del significato ultimo del fumetto, cioè il ruolo pedagogico che l’epica svolge nella guida delle persone. Glass ricorda a tutti che la vera sfida è con le forze invisibili che ci circondano e influenzano la nostra esistenza e che i supereroi siamo noi che quotidianamente le affrontiamo.

Michele Alberighi

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