Papa, muri contro migranti: “È la paura che ci rende pazzi”

Papa Francesco mentre parla con i giornalisti sull'aereo che lo sta portando in Panama.
Papa Francesco mentre parla con i giornalisti sull'aereo che lo sta portando in Panama. EPA/VATICAN MEDIA

AEREO PAPALE. – “È la paura che ci rende pazzi”. E’ pressoché sconsolato il commento che papa Francesco, sul volo che lo porta a Panama per la Giornata Mondiale della Gioventù – l’arrivo è previsto dopo le 22.00 italiane -, pronuncia con un giornalista sul fatto che i muri per fermare i migranti a Tijuana, al confine tra Messico e Usa, arrivano fin dentro l’oceano.

Poi aggiunge: “leggete l’editoriale dell’Osservatore Romano che si intitola ‘I muri della paura’”. Un’altra cronista al seguito dona al Pontefice la vignetta di Makkox che raffigura il ragazzo morto in mare mentre cercava un futuro diverso e aveva la pagella cucita sui vestiti: Francesco si commuove e poi dice al suo assistente di conservarla perché, spiega, “ne voglio parlare al viaggio di ritorno”.

Durante il suo saluto ai giornalisti, il Papa replica anche a un inviato giapponese che gli chiede se ha in agenda un viaggio nel suo Paese: “Verrò in Giappone a novembre, preparati”, è la risposta. Diverso, invece, il discorso per l’Iraq: “Vorrei andare in Iraq” ma sono i vescovi locali a dire che al momento non è sicuro, risponde ancora Francesco ai cronisti. Poi scherza aggiungendo che forse gli dicono questo perché non vanno d’accordo tra loro: “per questo ho mandato il Segretario di Stato”. Il Pontefice sottolinea però che sta monitorando la situazione perché – ribadisce – “io vorrei andare”.

E sollecitato anch’egli dai giornalisti, il direttore della Sala Stampa vaticana Alessandro Gisotti non tarda a dichiarare: “Il viaggio apostolico in Giappone è in fase di studio. Come il Santo Padre ha già detto in altre occasioni, il suo desiderio di recarsi in questo Paese è grande”. “In merito ad una sua possibile visita in Iraq – aggiunge -, come già affermato anche dal Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, di ritorno dalla sua visita dello scorso dicembre nel Paese, non ci sono al momento le condizioni per una visita del Santo Padre”.

“È un piacere essere con voi, vi ringrazio in anticipo per il lavoro che farete”, dice ancora il Papa ai rappresentanti dei media con lui in aereo. Poi, ancora con commozione, ricorda il giornalista russo Alexei Bukalov scomparso di recente: “È il primo volo in cui manca un collega a cui volevo molto bene. Sono sicuro che a tutti noi mancherà e vi invito a pregare per lui”.

Oltre che dalla secca risposta sul muro di Trump, quanto la questione profughi e migranti stia a cuore al Papa, anche in questo viaggio al di là dell’oceano per l’abbraccio con i giovani cattolici riuniti a Panama da tutto il mondo, è confermato ancora una volta dal fatto che, prima della partenza, incontra a Casa Santa Marta un gruppo di otto giovani profughi, fra i 13 e i 17 anni, di diverse nazioni (Tagikistan, Egitto, Salvador, Venezuela), accolti dal Centro Padre Arrupe a Roma.

I ragazzi lo invitano a visitare la loro casa. “Molti di loro frequentano le scuole medie e superiori di Roma, altri stanno facendo le loro prima esperienze lavorative e formative nella ristorazione e nell’industria meccanica”, racconta il Centro Astalli che gestisce la struttura, ospitando famiglie e minori stranieri non accompagnati: “Un momento coinvolgente in cui Papa Francesco si è messo generosamente all’ascolto dei ragazzi”.

Nel partire per Panama, dove solo da domani entrerà nel pieno del programma della Gmg, il Papa diffonde un tweet chiedendo “di pregare per questo evento molto bello e importante nel cammino della Chiesa”. E nel messaggio al presidente Sergio Mattarella accompagna il suo “affettuoso e cordiale saluto” al capo dello Stato e a tutti gli italiani “con fervidi auspici di serenità e di concorde impegno per il bene comune”.

Intanto, mentre in Italia infuriano ancora le polemiche sulla chiusura del Centro richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, visitato tre anni fa proprio dal Papa, gli operatori a Lampedusa di Mediterranean Hope, programma della Federazione delle Chiese evangeliche (Fcei), riferiscono di essere stati “contattati dai familiari di persone disperse, che parlano di un’altra imbarcazione scomparsa nel Mediterraneo. Ci hanno riferito di un gommone su cui viaggiavano 95 persone, che sarebbe partito il 21 dicembre scorso, dal porto di Zuwara, città ad ovest di Tripoli, a bordo anche 20 donne e 5 bambini. La maggior parte delle persone era di origine eritrea (84), egiziana (4) e bengalese (3). Di questa imbarcazione non si sa più nulla”.

(dell’inviata Manuela Tulli/ANSA)

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