Trump: “Con l’accordo di pace via dall’Afghanistan”

Truppe Usa in Afghanistan.
Truppe Usa in Afghanistan.

WASHINGTON. – “Se sarà raggiunto un accordo di pace ritirerò le truppe dall’Afghanistan”: Donald Trump tira dritto da solo per la sua strada, sfidando non solo il monito dell’intelligence del suo Paese ma anche l’emendamento che il suo partito vota oggi al Senato per mettere in guardia contro il “pericolo di un ritiro precipitoso” delle truppe Usa da Siria e Afghanistan, per il permanere della minaccia terroristica.

Una iniziativa partita dal leader dei senatori repubblicani Mitch McConnell, che finora si era distinto per l’assenza di critiche al presidente. “Il mio emendamento riconosce il fatto evidente che Al Qaida, l’Isis e i suoi associati in Siria e in Afghanistan continuano a rappresentare una minaccia seria” per gli Usa, ha spiegato McConnell, che conta anche sui voti democratici in un Congresso che ha sfidato il presidente in modo bipartisan pure sul caso Khashoggi.

“Il tempo mi darà ragione”, profetizza il tycoon alla Casa Bianca, dopo aver nuovamente umiliato ieri i suoi 007 (“dovrebbero tornare a scuola”) che lo avevano sconfessato sull’ Iran, sulla Corea Nord, sulla Russia, sul climate change e sull’Isis “che resta una minaccia”.

Il presidente vuole arrivare alle prossime elezioni mantenendo la promessa del ritiro dei soldati non solo dalla Siria ma anche dall’Afghanistan, per mettere fine alla guerra più lunga e costosa nella storia americana. Una mossa che trascinerebbe anche gli alleati Nato, tra cui l’Italia, dove sono ancora vive le polemiche per la decisione della ministra della difesa Elisabetta Trenta di cominciare a pianificare il ritorno dei nostri 900 soldati da Herat – secondo contingente dopo quello americano – nello stesso giorno in cui gli Usa hanno annunciato una bozza di intesa con i talebani. E senza informare il ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi, creando più di qualche sussulto nella maggioranza.

Nell’intesa preliminare i talebani si impegnano a garantire che l’Afghanistan non sia più usato come piattaforma per gruppi terroristici, a partire da Al Qaida, che dopo l’11 settembre indusse gli Usa ad invadere il Paese. Ma ci sono altre due condizioni poste dagli Stati Uniti per lasciare completamente il Paese, dove hanno 14 mila soldati: il cessate il fuoco e colloqui diretti con il governo di Kabul. Due punti su cui la delegazione dei talebani ha chiesto tempo.

Media internazionali e analisti sono scettici sulla affidabilità dei talebani e sulla tenuta di un eventuale accordo. Molti temono che il Paese potrebbe cadere nel caos, come successe dopo il ritiro dell’Armata rossa nel 1989 o come è capitato in Iraq dopo il rientro dei soldati Usa deciso da Barack Obama. In ogni caso l’intesa viene vista come una resa ai talebani, con i rischi di un ritorno della sharia e della segregazione femminile. Ma Trump preferisce venire a patti con loro in nome dell’America first, uscendo da una palude che in passato ha inghiottito molti imperi. E la Russia ne approfitta per inserirsi come mediatore, invitando a Mosca il 5-6 febbraio non solo i rappresentanti dei talebani ma anche del governo di Kabul.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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